Festa dell’Europa: riflessioni, sfide e paure

mercoledì 9 maggio 2018


Era il 9 maggio il 1950 e l’allora ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, presentò il piano di cooperazione economica, principio dal quale si sviluppò poi un continuo processo di integrazione europea.

Sessantotto anni dopo, l’eredità lasciata dalla “Dichiarazione di Schuman” è sotto gli occhi di tutti. I settori di cooperazione si sono costantemente intensificati e sviluppati. A volte perfino condizionati. I diritti si sono evoluti, le libertà irrobustite e le opportunità potenziate. L’opinione pubblica europea, per contro, ha subito non poche battute d’arresto.

“L’Europa dei diritti” non sempre ha camminato di pari passo con “l’Europa dei cittadini”, la crisi economica ha travolto le ambizioni, l’allargamento ai Paesi dell’Est ha frenato le egemonie dei leader più conservatori, mentre nuove sfide tecnologiche e sociali hanno modificato sogni e bisogni. Il percorso evolutivo dell’Unione europea - tortuoso, affannato, dibattuto e tormentato - ha ciclicamente dato vita a incomprensioni e incoerenze mettendo in discussione la stessa struttura istituzionale e il futuro verso cui si andava. La bocciatura della Costituzione europea da parte degli elettori francesi ed olandesi nel 2005 ne è stato un esempio ma soprattutto una lezione. Comunque la si pensi, oggi il sogno europeo è essenzialmente il risultato di un processo in più tappe, sì fortemente voluto dai cosiddetti “Padri fondatori” dell’Europa, ma realizzato e difeso da cinici burocrati e avari economisti che troppe volte condanniamo e mai comprendiamo. Il resto è solo politica. Strategie e interessi che caratterizzeranno per sempre la storia europea.

Certo, rimangono le ambiguità dei fini della costruzione europea, prime tra tutte l’equilibrio dei poteri tra le istituzioni europee e la delimitazione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri. Ma gli effetti – e soprattutto gli obiettivi – dell’Ue sono di lungo periodo, ovvero rispondere a nuove sfide (come il cambiamento climatico, il terrorismo internazionale, la carenza di risorse energetiche o i populismi sempre più dilaganti), e non difendersi da un costante dibattito di legittimazione democratica. Forse perché alcune leadership nazionali hanno mostrato la tendenza ad attribuire all’Europa la colpa dei loro problemi interni mentre settori dell’opinione pubblica hanno cominciato a vedere l’Europa non come una protezione, ma piuttosto come un fattore di debolezza. Chissà. Per quel che resta, preservare la diversità, anche culturale, degli Stati europei non è certo un limite, bensì una peculiarità.

Ciò che serve, invece, è molto più semplice. Intraprendere un’azione intesa a ripristinare nei cittadini la fiducia nell’Europa politica, rendere comprensibile a tutti i benefici dell’integrazione sempre più stretta fra cittadini e Stati membri, comunicare loro come funziona l’Unione, cosa essa ha realizzato, dove è diretta e perché. Solo così i cittadini dell’Unione si sentiranno davvero partecipi del progetto europeo.

“Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro: che l’Europa, rimanga l’argomento del giorno”. Lo auspicava Alcide De Gasperi nel 1953. Lo confermiamo noi oggi, convinti più che mai che l’Europa sia un sogno mai tramontato.

 


di Mauro Mascia