lunedì 30 aprile 2018
Si fa presto a dire “hater”, ma bisogna guardarsi tutto questo video per capire l’impazzimento di fondo che sta minacciando non solo la rete internet ma in prospettiva tutta la nostra democrazia liberale che si fonda sui cari e rassicuranti vecchi assi cartesiani. Questo signore dall’accento toscano è uno dei “pensatori” più seguiti nei tantissimi gruppi a Cinque Stelle che impazzano su Facebook e su YouTube. Rimprovera a Matteo Renzi di avere insultato milioni di italiani – quelli che si presume la pensino come lui avendo votato per il partito di Luigi Di Maio (ma la presunzione è un sillogismo di quelli da film di Woody Allen: io sono un uomo, Socrate è un uomo, io sono Socrate, ndr) – per il solo fatto di avere difeso il presidente emerito Giorgio Napolitano coperto di insulti da gente come lui, l’odiatore in questione, mentre era sotto i ferri in un ospedale a 93 anni per un problema all’aorta.
Quindi secondo questa logica da clinica psichiatrica, difendere un ex capo dello Stato dagli insulti della curva sud di internet (“devi morire, devi morire”) è addirittura un reato di lesa maestà contro il mitico popolo a Cinque Stelle. Quello che si appella al “bene del Paese” per convincere il Partito Democratico a fare da utile idiota in un futuro Foverno Di Maio.
Poi l’hater in questione passa a sproloquiare citando dati senza senso sui soldi guadagnati da Napolitano, dimenticando peraltro di rimarcare la differenza tra una persona che ha avuto le responsabilità delle massime cariche dello Stato da un quisque de populo come lui. Questo modo di fare propaganda su internet è figlio del giornalismo paragrillino di tanti talk-show in onda su “La7”. Tutti Marco Travaglio in sedicesimo, con la stessa parzialità ma con nemmeno un centosessantesimo della sua preparazione, peraltro volta alla propaganda più che all’onestà intellettuale. Tanti piccoli Frankenstein fuggiti dal laboratorio della Casaleggio Associati si potrebbe dire, visto che il modello ideale di riferimento rimane quello.
È questa l’Italia che vogliamo? Quanti di noi potrebbero dichiararsi arrabbiati per gli stessi motivi per cui questa plebe che urla “onestà onestà” decide di votare per Di Maio? Tantissimi. Chi di noi è occupato stabilmente? Pochissimi. Ma quanti di noi mettono un nesso del tipo “causa-effetto” tra l’abolizione dei privilegi della cosiddetta casta con l’aumento del nostro benessere individuale e di ceto medio? Solo quelli che ormai hanno trovato un alibi o per i loro fallimenti personali o per l’inconsistenza del ceto dirigente italiano, sempre più pavido e sempre più navigante a vista. Nessuno invece che voglia sottolineare come miserabili accadimenti di cui oggi si commemorano i 25 anni dal loro essersi manifestati, come il lancio delle monetine a Bettino Craxi davanti all’hotel Raphael, siano – insieme allo strapotere post “Mani pulite” finito in mano del partito dei pm e alla nascita dell’antipolitica – le vere concause del decadimento economico e civile dell’Italia.
Questa sarebbe l’onestà intellettuale con cui combattere la retorica populista e la propaganda irrazionale della piattaforma Rousseau e del blog di Beppe Grillo.
di Rocco Schiavone