venerdì 27 ottobre 2017
“Dove c’è volontà, c’è la strada”, diceva Albert Einstein. Ci sono cinque milioni di veneti e lombardi che con il referendum hanno espresso la ferma volontà dell’autonomia della propria regione. Ed è un’opportunità importante per tutto il Paese, dato che dal Veneto e dalla Lombardia inizia il riordino amministrativo necessario all’Italia unita. I soldi sono il perno intorno al quale ruota il riordino del Paese, il loro indirizzo e destinazione, la loro distribuzione e il loro investimento. Le regioni che hanno votato sì al referendum chiedono di trattenere presso di sé i nove decimi del gettito fiscale dello Stato.
Il nostro gettito complessivo si compone di Iva - con i 124,5 miliardi di euro nel 2016 - e di quello derivante da Irpef e Ires - 215 miliardi di cui ben 65 raccolti nella sola Lombardia - L’Iva finanzia l’Unione europea, quindi bisogna contrattare con quest’ultima. Irpef e Ires costituiscono la base dell’intero sistema dei conti pubblici italiani, dagli stipendi pubblici della Pubblica amministrazione ai delinquenziali bonus elettorali di Renzi. Trattenere tali entrate porrà Veneto e Lombardia quali frecce-pilota per la revisione e modifica del nostro sistema viziato della Pubblica amministrazione italiana, famosa per la sua improduttività e pelosa, inutile assistenzialità.
L’ultima voce di spesa pubblica da aggredire da parte del Veneto e della Lombardia è sul fronte della previdenza e della assistenza. Le politiche sociali statali devono cioè essere riordinate e gestite dalle regioni, a cominciare dal Tfr per finire agli assegni familiari. Tfr e Inps servono infatti a finanziare lo Stato centrale, che male amministra e peggio gestisce. Veneto e Lombardia devono tenerli per sé, amministrandoli. Tra regioni che vogliono tenere sotto controllo e a bada i propri conti nell’interesse dei cittadini e l’Inps fuori controllo, sono da preferire le prime senza ombra di dubbio.
C’è ad oggi il pieno sbilancio e totale squilibrio tra contributi sociali e prestazioni erogate, pertanto non c’è da dubitare sulla direzione da prendere o verso cui andare. Sono 50 miliardi circa gli euro di imposte che sono entrati in ballo con il referendum, non c’è che augurarsi che regioni quali Veneto e Lombardia oggi possano disporne per abbassare la pressione fiscale divenendo in tal modo più competitive e ad esempio consentendo alle tantissime imprese che hanno dovuto delocalizzare o fuggire di tornare tra noi, nel Paese “riordinato”.
di Francesca Fantetti