martedì 24 ottobre 2017
Ormai quello che ci nascondono tivù e giornali ce lo mostrano i privati cittadini sui social network. Così sulla Rete sono sbarcati i nuovi video dello scortatissimo Matteo Renzi in arrivo (col treno del Partito Democratico) alla stazione ferroviaria di Termoli, in Molise. Ad attenderlo un nutrito numero di cittadini, armati di carta straccia per emettere roboanti pernacchie e uova marce per offrire conforto e cibarie all’ex Presidente del Consiglio. Un cliché che si starebbe ripetendo in tre comuni su quattro, al punto che un’indagine di polizia e carabinieri avrebbe confermato che le piazze sicure (per scongiurare scontri e dissenso) sarebbero in un areale che va da Civitavecchia a Savona, passando dalla Toscana all’Umbria e sfiorando le Marche. Altrove gli esperti di sicurezza e consenso non garantirebbero altro che proteste e piazza nemica. Un grosso flop per l’arrogante fiorentino. Che, non più di una settimana fa, ha tentato d’anticipare le critiche sulle manovre bancarie della sua famiglia promettendo manovrone sulla Banca d’Italia. Una lezione sull’ex istituto d’emissione (ed ex banca nazionale) che non spetta certo a Renzi impartire: per l’uomo della strada spetterebbe a una classe politica non compromessa con gli scandali delle banche popolari riportare Bankitalia sotto il controllo del Parlamento, ovvero farla smettere di essere una banca privata controllata dalle tante banche private che truffano risparmiatori e investitori.
Va anche detto che un Renzi eletto avrebbe una valenza da autocrate ben superiore a quella che aveva da “nominato”: la dittatura del sistema bancario (e col placet dell’Unione europea) sarebbe ben più pesante. La sensazione è che l’elettore medio abbia capito l’antifona e ora stia cercando di correre ai ripari con una voto difficile da prevedere, certamente non a sinistra.
E se le indagini delle forze dell’ordine avvalorerebbero che su quattro piazze ben tre sono nemiche per Renzi, evidentemente l’esito del voto politico è ormai scontato per Pd e alleati. In questo gioco al massacro consensuale delle sinistre hanno svolto un ruolo determinante le esternazioni del presidente della Camera, Laura Boldrini: al punto che oggi lo stesso Renzi la smentisce, anche se nel contempo lancia l’idea di una alleanza con i compagnucci della Boldrini.
Non dimentichiamo che si deve anche a Renzi la perdita di consenso del Partito Democratico nel cosiddetto “bacino culturale”, ovvero scuola, beni culturali e arti varie. Al punto che l’andata del Matteo a Matera (attuale capitale della cultura) è stata salutata dai lucani con mugugni e critiche. Qualcuno ha pure ricordato come il Governo Renzi abbia contribuito al taglio degli aiuti a cinema e teatro, tagliando di fatto le gambe alle produzioni italiane.
Di questo passo non rimarrebbe che la Toscana. Una sorta di buon ritiro. Ovvero la miglior candidatura per Renzi potrebbe essere quella a presidente della Regione Toscana, nella cui dirigenza s’annidano parenti di storici grassatori delle casse di Monte dei Paschi, Popolare di Arezzo e Cassa di risparmio di Firenze. Potrebbe essere un ottimo (loro) governatore. Ogni mattina, prendendo il caffè con i vari arnesi del Pd, rammenterebbe le tante acrobazie fatte (in un “glorioso” passato) per consentire alle banche locali di far beneficienza ai compagnucci che si sacrificavano, candidandosi localmente o alle elezioni politiche. Bei tempi, quelli in cui papà Boschi e papà Renzi aiutavano la toscanità a primeggiare. Firenze nuovamente capitale d’Italia, titolava qualche nostalgico, aggiungendo che era l’unica città dove i prezzi delle case non erano stati stroncati dalle tasse (lo chiamavano “effetto Renzi”, una sorta di buon governo utile solo ai toscani). Matteo novello Cosimo e la Maria Elena Boschi rediviva Caterina de’ Medici: di fatto première dame; una sorta di cavallo di Troia nel Governo Gentiloni. Ora “stai sereno” lo si dice noi a Renzi, e perché se non dovesse farcela finirà tra le fauci delle fiere giudiziarie, quelle che ora stanno cercando i compagni di merenda di papà Boschi.
di Ruggiero Capone