Prove tecniche di guerra civile nella periferia romana

venerdì 1 settembre 2017


Un brutto momento per la sindaca Virginia Raggi che, suo malgrado, è costretta a subire una Roma ormai in preda a continue rivolte tra italiani e migranti, degrado, incendi e periferie diventate le terre di nessuno.

Nel giro di ventiquattr’ore, polizia e carabinieri sono intervenuti in almeno due casi di rissa tra operai italiani (intenti a caricare materiale edile) e migranti in cerca di lavoro. “Aspettavamo il principale davanti allo smorzo, stavamo lì dalle 6. Verso le 8 arrivava il nostro titolare – ci ha spiegato l’operaio italiano – e due migranti di colore lo avvicinavano per chiedere lavoro, seguiti da almeno una decina di africani. Sono iniziate a volare le parole, perché non ci vuole molto a perdere anche un piccolo lavoretto. Per anni io e mio fratello abbiamo fatto i cottimisti per tutto il Lazio, oggi il lavoro edile scarseggia. I miei colleghi non hanno capito più nulla, hanno tentato di allontanare gli africani, così è scoppiata la rissa”. “Non hanno il libretto, non sono segnati alla cassa edile, questa è scorrettezza - sbotta un operaio - non possono lavorare”.

Scambi di battute che parrebbero sortire dall’opera narrativa di Luigi Bartolini “Ladri di Biciclette”, quando racconta degli operai in attesa di lavoro, del pubblico funzionario che smistava in una periferia romana gli operai tra cantieri e fabbriche: nel dopoguerra c’erano in tanti ad aspettare quella manna dal cielo.

Ma i recenti incidenti narrati si sono tutti svolti al Tiburtino Terzo. Luoghi che Pier Paolo Pasolini  visitava di continuo per ispirare “Mamma Roma”.

Così una lite di strada tra migranti del centro di accoglienza della Croce rossa (Cri) e residenti s’è trasformata in rissa, e non poco lontano dallo smorzo dove gli operai italiani hanno scacciato una decina d’africani in cerca di lavoro. Lì un immigrato è stato accoltellato alla schiena in via del Frantoio, al Tiburtino Terzo: zona difficile non troppo lontana dal centro, alle spalle della stazione Tiburtina. Così la tensione è tornata a salire nella Capitale, dove l'emergenza sociale è palpabile soprattutto nelle periferie. Al Tiburtino una donna ha denunciato di essere stata sequestrata per oltre un'ora dai migranti: l’episodio si sarebbe consumato in un vialetto a ridosso del centro d’accoglienza. Alcuni cittadini giurano di averla tirata fuori a forza assieme al figlio. Indagano Procura e carabinieri, ma gli episodi si moltiplicano, e per alcuni osservatori le rivolte sarebbero foriere d’una strisciate guerra civile. Al Tiburtino è ormai scontro aperto tra residenti e migranti.

 

Ma Pietro Giulio Mariani, direttore della Croce Rossa di Roma, si tira fuori e dice che “tutto sarebbe avvenuto all'esterno della struttura, che accoglie un’ottantina di persone”. Episodi come risse e scontri aumentano ad un ritmo che mette in difficoltà i tutori dell’ordine. In passato, nel 2014, solo un assalto al centro per minori immigrati a Tor Sapienza e, nel 2015, pochi tafferugli per l'arrivo di un gruppo di migranti nel periferico Casale San Nicola. Ora il limite è abbondantemente superato. Indiscrezioni della Prefettura ci dicono che, se i focolai di rivolta dovessero superare quotidianamente il numero delle dita d’una mano, difficilmente le forze dell’ordine riuscirebbero a contenere il fenomeno. Il timore della guerriglia urbana che, divampando nelle periferie, potrebbe raggiugere i palazzi del potere, inizia a serpeggiare tra gli attori del “comitato provinciale di sicurezza” (ovvero forze dell’ordine, Questore, Prefetto e autorità capitoline).

Se allo Stato non rimanesse che difendere il potere e chi lo detiene, allora il sistema sarebbe da considerare finito, prossimo ad esalare l’ultimo respiro. E quasi sembra di fissare una stampa di metà ottocento, che ritrae militari con le spalle al palazzo ed i fucili puntati verso il popolo.


di Ruggiero Capone