venerdì 1 settembre 2017
Gli osservatori e i maggiori politologi del nostro Paese danno per scontato il passaggio al sistema elettorale proporzionale. Dopo che la consulta ha emendato in parte il sistema elettorale vigente, che così come si configura oggi rischia di produrre maggioranze asimmetriche nelle due camere parlamentari, ed un lungo periodo di instabilità politica, si attende di conoscere cosa accadrà dopo il 6 settembre, quando in commissione affari costituzionali riprenderà la discussione per modificare e scegliere la nuova legge elettorale. Grande è la preoccupazione per il rischio che si arrivi al voto, oramai imminente, senza avere una legge elettorale che sia in grado di garantire la rappresentanza dei cittadini e la stabilità governativa. Intanto si nota nella comunicazione politica la tendenza a parlare di quanto accadrà dopo il voto da parte dei leader più autorevoli, come se fosse ancora in vigore il sistema maggioritario.
In realtà per uno studioso autorevole come Angelo Panebianco, intervenuto sul Corriere della Sera su questo argomento fondamentale durante il periodo estivo, il passaggio dal sistema maggioritario a quello proporzionale è ineluttabile e scontato. Questo significa che ragionare di politica con gli stilemi e i tic del passato comporta la conseguenza che non si sia compreso che il contesto politico è destinato a mutare radicalmente. Infatti il centro destra esiste finché rimane in vigore il sistema maggioritario, ma si dissolve se si dovesse arrivare, come tutto lascia presagire, alla introduzione di un sistema elettorale proporzionale. Questo vale anche per la possibilità che il leader del partito più forte sia destinato a divenire il premier e il capo del governo, scenario prediletto dai dirigenti del Partito Democratico. Con il passaggio al sistema elettorale proporzionale i governi si formeranno dopo il voto, e saranno, come è accaduto durante la Prima Repubblica, governi di coalizione. Quindi non è possibile conoscere in anticipo, durante il duro e veemente confronto politico che si sviluppa nelle campagne elettorali, quali e quanti saranno i partiti a coalizzarsi per dare vita ad un governo omogeneo nel suo indirizzo politico e programmatico.
Ogni forza politica si presenterà da sola al cospetto degli elettori per ottenere i consensi. Inoltre con il sistema elettorale proporzionale, si voterà non contro qualcuno, come è avvenuto negli anni in cui era in vigore in Italia il maggioritario, ma per qualcuno, poiché è destinato ad assumere un peso enorme il voto identitario.
Una volta stabilito e immaginato lo scenario politico che il sistema elettorale proporzionale è in grado di dischiudere e generare, è legittimo interrogarsi sugli effetti che esso è capace di produrre. In primo luogo è necessario considerare che in questo momento storico non esistono partiti politici dotati di un radicamento forte nella società e nel territorio, e questo spiega perché è venuta meno la funzione di mediazione che in passato hanno assolto nel rapporto tra istituzioni e società civile i partiti politici e, soprattutto, il disprezzo che circonda la politica nel nostro Paese. Inoltre, e in questo suo ragionamento Panebianco ha colto un aspetto molto rilevante di quanto potrebbe accadere, il sistema proporzionale rischia di premiare le forze estremiste, che propongono soluzioni semplicistiche e irrealizzabili per problemi drammatici e complessi, si pensi alla questione della immigrazione e al rapporto con le istituzioni comunitarie per superare le politiche di austerità in materia fiscale e di bilancio pubblico.
La discussione su quale sistema elettorale avere diventa ancora più significativa e fondamentale se si tiene conto della intrinseca debolezza del ruolo del presidente del consiglio nel nostro sistema politico e democratico. Secondo un lungo ragionamento sviluppato dallo storico Ernesto Galli della Loggia in un editoriale apparso sul Corriere della Sera, il sistema politico italiano non è orientato a produrre leadership autentiche e importanti, poiché impone al presedente del consiglio di mediare e ricercare compromessi tra posizioni politiche diverse. Questo fatto innegabile spiega perché il Premier nel nostro Paese non è in grado di agire con risolutezza e determinazione e si trovi, in talune circostanze, nella impossibilità di assumere decisioni. In più, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei con una forte tradizione liberale e democratica, il Premier non può decidere di sostituire i ministri, che sono nominati dal Presidente della Repubblica su sua indicazione.
Per porre rimedio a questa situazione, che è la vera causa delle inefficienze, dei limiti e delle insufficienze del sistema politico, per Galli della Loggia sarebbe necessario, ed è questo che la pubblica opinione si attende dal dibattito parlamentare che riprenderà dopo la pausa estiva il 6 settembre, la approvazione di una legge elettorale che preveda, ove sia di carattere proporzionale, lo sbarramento per l’ingresso in parlamento e un premio di maggioranza in favore della lista e non della coalizione. In tal modo verrebbe rafforzato il ruolo del Premier e garantita la stabilità dei governi, necessaria per scongiurare il rischio della speculazione dei mercati sui titoli del debito pubblico italiano. In ogni caso è giusto che penetri e si diffonda la convinzione nella società civile e tra le forze politiche, le quali hanno la responsabilità di individuare il sistema elettorale, che sia la legge elettorale sia le elezioni politiche generali dovrebbero servire a fare decidere ai cittadini non da chi vogliono essere rappresentati ma da chi desiderano essere governati.
di Giuseppe Talarico