sabato 22 luglio 2017
Quanti avevano abbandonato Forza Italia “ammaliati” dal pifferaio di Rignano e dalla certezza che per il Cavaliere non c’era più trippa per gatti (e di conseguenza non ci sarebbe stato più un centrodestra vincente), hanno intrapreso una vera e propria corsa verso il Centro puntando a rientrare nel partito fondato dal Cavaliere o, in subordine, in formazioni moderate orientate a coalizzarsi nel centrodestra e giocare la partita delle prossime elezioni politiche.
È chiaro che molti fedelissimi di Silvio Berlusconi storceranno il muso per il ritorno a casa di quanti lo avevano abbandonato negandogli quel sostegno che invece meritava soprattutto da chi era stato fortemente beneficiato dal leader forzista. Ma è uno storcere il muso inutile perché in politica è necessario guardare agli obiettivi che si vogliono raggiungere e non a soddisfare voglie di vendetta che, a volte, possono compromettere l’indispensabile percorso da seguire. La posta in gioco è troppo grande per scegliere l’opzione personale e non quella che serve realmente al Paese.
Per fortuna, anche se avanti con gli anni, Berlusconi alla testa di Forza Italia è una garanzia per le forze moderate e soprattutto per l’Italia. La presenza di due forze qualunquistiche quali sono il Movimento 5 Stelle di Grillo e il Partito Democratico di Matteo Renzi, sono un reale pericolo per la democrazia e la libertà nel nostro Paese. I primi per la loro inconcludenza, l’incapacità a superare la fase della denuncia, ma soprattutto per il vuoto che caratterizza i loro pseudo programmi infarciti di giustizialismo e di terrone fiscale superiore a quello conosciuto con i 4 governi “non eletti” dal popolo sovrano ma scelti da Giorgio Napolitano.
Il secondo per essere stato piegato agli interessi personali del proprio leader che non pensa al Paese e alla crisi che l’attraversa e che continua a non registrare alcun segnale reale e duraturo per il suo superamento. La stessa vicenda dei migranti è sintomatica di dove potrebbe portarci un nuovo governo Renzi che continua a inseguire la logica dell’“uomo solo al comando” che lo ha portato a firmare un accordo (Triton) che tra le clausole conteneva l’obbligo di usare i porti italiani dove scaricare le masse disperate provenienti dall’Africa, sperando che questo sacrificio poteva “convincere” l’Ue a chiudere gli occhi e permettesse all’Italia di sforare i propri conti pubblici.
Addirittura la richiesta renziana puntava ad ottenere uno sforamento del 2,9 all’anno per 5 anni che in soldoni significava ottenere il nulla osta per uno sforamento di 30 miliardi nel quinquennio. Poteva essere una cosa seria se realmente si voleva avviare una grande azione di investimenti pubblici e una profonda riduzione della pressione fiscale, ma l’obiettivo perseguito, al contrario, è sempre lo stesso: è quello degli 80 euro che significa tentare di “comprarsi” il sostegno elettorale, attraverso le mance e i bonus, ripetendo le esperienze precedenti con consistenti aumenti del deficit e con la crisi che invece che regredire continuerà a galoppare.
È urgente, quindi, che il centrodestra riconquisti la guida del Paese e possa lavorare per realizzare gli obiettivi del programma puntando a risolvere le emergenze migranti, quelle della disoccupazione sempre altissima, quelle della pressione fiscale e quelle delle riforme tra le quali, principalmente, quella della Giustizia che è anche una delle cause della crisi economica italiana. Molto, comunque, dipende dalla legge elettorale. Con la riforma alla tedesca (proporzionale) è necessaria la presentazione di liste di partito, con il maggioritario si impone la coalizione.
Deve essere chiaro, però, che in entrambi i casi, sia per chi rientra ma anche per chi si aggrega alla coalizione non basta rifarsi al detto “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum” ma va, soprattutto, tenuto in conto se il rientro punta ad una semplice riconferma della propria rielezione, senza reale peso nella società, o se ci si trascina dietro un peso elettorale importante da non sottovalutare.
di Giovanni Alvaro