Legge elettorale: Renzi teme il partito del “non voto”

giovedì 8 giugno 2017


C'è uno spettro che si aggira tra i dem un secondo dopo il voto sulle pregiudiziali: i franchi tiratori che, ad inizio legislatura, affossarono Romano Prodi al Colle e che ora, al termine della legislatura, rischiano di far fallire la madre di tutte le riforme della politica: la legge elettorale. Il capogruppo Ettore Rosato ne conta 100 nell'assemblea convocata in fretta e furia anche per mettere in riga i deputati dem perché il sospetto è che, al di là degli sbandamenti M5S, il "partito del non voto", di chi teme di non essere candidato, affossi la legge elettorale al di là del merito.

Matteo Renzi si tiene plasticamente lontano dalle tensioni tra i partiti. Così come il premier Paolo Gentiloni dà mandato al ministro Anna Finocchiaro di lasciare tutto alla dinamica parlamentare, lasciando il governo come spettatore. Nel filo diretto con i vertici dem, però, il leader Pd mette subito in chiaro la linea: o il patto a 4 tiene o non se ne fa nulla. Perchè l'accusa dell'inciucio con Silvio Berlusconi peserebbe come un macigno sia sulla riforma sia sulla campagna elettorale.

"Se Grillo non tiene i suoi, salta tutto e si andrà a votare con il Consultellum", è la linea dei renziani, consapevoli però che il treno delle elezioni anticipate passa solo se entro il 7 luglio il Fianum sarà legge. Per diminuire il rischio dei franchi tiratori sui voti segreti, i vertici dem chiedono alla minoranza di ritirare i propri emendamenti ma gli orlandiani rispondono picche e puntano a correggere la legge e qualcuno anche a frenare la corsa alle urne. Renzi ha già fatto sapere, infatti, non solo alla minoranza, che in Parlamento porterà facce nuove e non sarà una semplice riconferma degli uscenti. E tra collegi e listini corti in tanti temono di non avere il seggio sicuro al prossimo giro.


di Redazione