Rai: previsioni del tempo

mercoledì 7 giugno 2017


Fabio Fazio con molto sarcasmo e frasi da discorsetto scontato, ha salutato e ringraziato per la fine della trasmissione “Che tempo che fa” e forse anche della sua presenza in Rai. L’anchorman per il vero, non da solo, si è distinto di recente per alcune interviste contrarie alla decisione di fissare tetti agli emolumenti di ogni personaggio del mondo Rai.

Lo ha fatto secondo noi in maniera brusca, inelegante, piuttosto autoreferenziale, comunque poco adeguata alla realtà della Tv pubblica. Fazio, infatti, si è riferito sia alle interferenze della politica e sia al disappunto di essere considerato solo un costo anziché una risorsa. A parte il fatto che il giornalista dimostra una “sospetta” non conoscenza dell’economia, perché in genere chi sa fare di conto in modo sano lega sempre le due cose.

Difficile, infatti, che a una risorsa rara e preziosa corrisponda un costo basso, tanto è vero che il problema nasce proprio quando le due cose non corrispondono. Se si verifica per l’appunto che la risorsa non sia poi così preziosa e rara, oppure che il costo relativo sia spropositatamente alto, la necessità di una verifica è inevitabile. Bene, anzi male, in Rai, ma certo non per via di Fazio, negli anni è successo proprio questo.

L’azienda di Stato, infatti, negli ultimi venti anni almeno, ha,   secondo noi, in modo confuso e viziato sposato solo le ragioni del mercato, dimenticando quelle classiche del servizio pubblico. La differenza ovviamente è enorme perché stare dietro alle logiche sfrenate del mercato con i soldi dei contribuenti non solo non torna, ma è materia amministrativamente delicata. La Rai si sa è alimentata in maggior parte con il denaro pubblico, è sottoposta a una speciale Commissione di vigilanza parlamentare, dunque non può essere considerata alla pari di qualsiasi concorrente privata in nessun senso.

Per poterlo essere dovrebbe privatizzarsi, dopo di che tutto sarebbe più logico ed evidente, anche in tema di compensi ed emolumenti. In questa materia e cioè in tutto quello che rientra nella voce “costi”, i percettori di cifre spesso plurimilionarie si giustificano con la presenza degli sponsor pubblicitari. Il concetto, se per un verso ha una sua logica, per l’altro, trattandosi di azienda pubblica la perde, perché non può valere il principio secondo il quale a un’enorme sponsorizzazione debba corrispondere un’enorme stipendio. Tralasciando le ragioni di bilancio, che sarebbe noioso elencare per dimostrare che anche in quei casi il risultato sarebbe tutt’altro che vantaggioso, il motivo vero che non piace è il senso del rispetto della cosa pubblica. Tanto più deve valere questo principio in un Paese dove sprechi, sperperi e finanza allegra sono purtroppo all’ordine del giorno, tanto da sottoporre i contribuenti a una vera e propria torchiatura fiscale.

Dunque, lavorare, collaborare, stare con una tivù pubblica significa qualcosa che non può essere solamente ragione “di mercato”.

Oltretutto la stragrande parte degli anchorman, showman e quant’altro devono molto ma molto della loro popolarità proprio alla grande  diffusione dell’azienda pubblica.

Insomma, nessuno può stabilire quanto, al di la delle capacità dei singoli, sarebbe successo se questi avessero iniziato o proseguito le carriere in televisioni private.

Ecco perché secondo noi in Rai è giusto fissare parametri, seppure con diverse tolleranze rispetto a quelle stabilite nella determinazione dei compensi. Infine ci permetta Fazio, contro il quale sia chiaro nulla di personale, anzi, gli riconosciamo garbo ed eleganza televisiva, una chiosa sull’ingerenza politica. La Rai è la politica, è nata, cresciuta e vissuta così da sempre, anche se tutti con una buona dose di ipocrisia hanno sempre gridato: “ fuori la politica dalla Tv pubblica”.

Un grido inutile, fasullo, opportunista, intorno al quale spesso chi più ci si esercitava più ne coglieva gli effetti e ovviamente i vantaggi. Resta dunque solo un auspicio che intorno alla tivù pubblica si apra davvero una profonda riflessione, non solo sui compensi ma sulla missione, funzione e sull’indirizzo che dovrebbe avere. Compresa la decisione di una parziale o totale privatizzazione, solo così molte, se non tutte le polemiche, non avranno più ragione d’essere in un senso o nell’altro. Comunque sia e comunque vada, se Fazio insieme ad altri dovessero lasciare la Rai per ragioni di compenso non ci stracceremo i capelli, anche perché c’è un monte di giovani bravi e talentuosi che non aspetta altro.


di E. Rossi e A. Mosca