venerdì 12 maggio 2017
Editoria a due facce. Alcuni grandi gruppi (Rcs guidato da Urbano Cairo, Gedi dell’accoppiata De Benedetti-Agnelli, Mondadori di Marina Berlusconi) stanno lentamente riprendendosi dalla forte crisi che ha colpito il settore. Altri, invece, continuano a soffrire situazioni pesanti come è il caso del quotidiano della Confindustria, “Il Sole 24 Ore”, e il giornale fondato da Antonio Gramsci, “L’Unità”.
Due sono i fenomeni più rilevanti di questi ultimi anni: scende il numero dei giornalisti professionisti e avanzano le posizioni contrattuali precarie. Con conseguenze gravi per l’Istituto di previdenza, che ormai chiude i bilanci in rosso, vende il patrimonio immobiliare e andando avanti così finirà per dover passare all’Inps come è già avvenuto per gli statali e i lavoratori dello spettacolo. Tutti nel calderone della Super-Inps con quello che comporta un simile agglomerato. Aumentano le preoccupazioni. I giornalisti si avviano a essere una categoria in via di estinzione? I timori ci sono. Il rischio per la democrazia e il pluralismo è alto. Necessita, pertanto, secondo i vertici della Federazione nazionale della stampa italiana, aprire con il Governo e gli editori un tavolo sull’occupazione. Nei decreti attuativi della riforma dell’editoria in discussione a Palazzo Chigi è totalmente assente la tutela dell’occupazione e dei diritti di chi svolge la professione giornalistica. Lo ha precisato il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, durante l’assemblea dell’Assostampa a Bari, secondo il quale sono stati presi, invece, in considerazione alcuni temi posti dagli editori.
C’è una preoccupante crescita del precariato e di piani di ristrutturazione che devono essere chiusi, il cui obiettivo è quasi sempre la riduzione degli organici, considerata unica valvola per la diminuzione dei costi. Non è così, ha osservato Lorusso. Il futuro dell’informazione in Italia non può essere fatto solo di tagli che al massimo possono servire in alcuni casi a rimettere in carreggiata situazioni aziendali in pericolo. Gli editori non possono limitarsi ai tagli ma devono tornare a parlare di investimenti, di prodotto e qualità che si raggiunge solo se alla base vi è lavoro regolare e non lavoro senza diritti.
Prosegue intanto la mobilitazione dei dipendenti de “Il Sole 24 Ore”. Il comitato di redazione ha chiesto all’azienda di riferimento il rilancio del giornale economico e il coinvolgimento di un partner nell’area della Formazione ed eventi. Della partita potrebbe essere la Luiss, l’Università controllata dalla Confindustria. Con l’immissione di 20 milioni il fabbisogno di aumento del capitale scenderebbe da 70 a 50 milioni. A questo punto l’associazione degli imprenditori metterebbe circa 30 milioni di euro per mantenere il controllo della società. C’è tempo fino al 28 giugno per valutare le offerte, giorno dell’assemblea per l’approvazione dell’aumento di capitale e del bilancio.
Ancora grave è la situazione al quotidiano “L’Unità”. Sono mesi tormentati, con scioperi e accuse di comportamento antisindacale nei confronti della maggioranza della proprietà. La minoranza è ancora in mano al partito del segretario Matteo Renzi, al quale hanno lanciato un appello i giornalisti rimasti fuori dalle ultime ristrutturazioni. Secondo notizie interne, al quotidiano fondato da Gramsci e che ha avuto come direttori Massimo D’Alema e Walter Veltroni gli attuali redattori stanno ricevendo stipendi al di sotto dei 100 euro perché l’editore scarica sulla busta paga dei dipendenti i pignoramenti chiesti e ottenuti da altri ex dipendenti. “Un precedente pericoloso e inaccettabile - osserva il Cdr - per il mondo dell’editoria che ribalta molti principi del diritto del lavoro”.
Tra i firmatari dell’appello a Renzi ci sono l’ex segretaria dell’Asr Silvia Garambois, l’ex portavoce di Giorgio Napolitano Pasquale Cascella, Peppino Caldarola, Giorgio Frasca Polara e Bruno Ugolini.
Altra vertenza in corso è quella di Metro (la prima free press in Italia) dove l’editore ha annunciato nuove riduzioni di stipendio. I giornalisti hanno proclamato lo stato di agitazione perché il giornale non uscirà più il lunedì e sarà ridotto il servizio degli spettacoli locali dedicati alle città di Roma, Milano e Torino. Tre giorni di sciopero hanno effettuato i giornalisti delle ex testate D. Print che attendono il pagamento dello stipendio di marzo. È disposto a riaprire il confronto l’editore de “La Città di Salerno” dopo 2 giorni di sciopero. Sul tavolo del negoziato il no all’esternalizzazione della gestione del sito web, la titolarità dei servizi sportivi, i paletti sul lavoro del service che deve restare un fornitore di supporto e non sostitutivo della redazione. Precipita infine la situazione di “Tele Radio Gubbio” con il licenziamento di metà della redazione, rendendo grave la situazione occupazionale giornalistica in Umbria dopo la chiusura del quotidiano umbro.
di Sergio Menicucci