mercoledì 26 aprile 2017
Alla vigilia delle elezioni presidenziali il cuore della capitale francese è stato di nuovo colpito dal terrorismo. Il refrain sui vari mass media è ruotato intorno alla questione delle elezioni e della coincidenza di questo importante evento con un nuovo attentato che avrebbe avuto lo scopo di influire sul voto francese. Naturalmente non sono mancate le voci di coloro che seguono con costanza la tesi delle “colpe occidentali/colonialiste”, le quali avrebbero determinato la nascita del fondamentalismo e l’adesione delle fasce sociali “figlie illegittime della Francia” frustrate ed emarginate.
Se è vero che ci sono degli aspetti socialmente rilevanti nei processi di emarginazione, è altresì vero che un fenomeno come quello del terrorismo non può essere assimilato così facilmente e univocamente a questi, perché il terrorismo è la variabile dipendente del fondamentalismo e questo ha una genesi propria ben definita, che affonda le radici in una religione che dichiara di interpretare l’Islam originale fondato sulla volontà di Allah veicolata dal suo messaggero Muhammad, più conosciuto come Maometto.
Quello che è necessario fare è uno sforzo interpretativo del fenomeno che tenga conto del fatto che i fondamentalisti, ritenendosi i propagatori dell’Islam, condannano dichiaratamente le concezioni del mondo che non si rifanno letteralmente alla sharia, ovvero gli stili di vita materialistici che sono la genesi e la diffusione della secolarizzazione, a sua volta veicolata dalle scienze e dalle tecnologie laiche, di cui essi si avvalgono strumentalmente per i loro fini, ma che ritengono responsabili di un pensiero corrosivo della credenza pratica e religiosa. Pertanto utilizzano il mondo secolare e scientifico al fine di trasformarlo e conquistarlo.
È evidente che il fondamentalismo è il soggetto produttore di una radicalizzazione virulenta e potenzialmente globale che è ormai assente nelle altre grandi tradizioni religiose che a suo tempo avevano generato fenomeni e movimenti comparabili ad esso, ma la differenza sostanziale è che gli interpreti dell’Islam sono propensi a portare la lotta contro i nemici e la modernità (causa di tutti i mali) al di là dei confini territoriali; in questo senso si può ritenere, a ragion veduta, di essere in presenza di una “Terza guerra mondiale” dichiarata: la guerra epuratrice del grande male assoluto, la modernità e la democrazia.
Il fatto che le seconde generazioni di immigrati islamici si siano radicalizzati ha origine da questo aspetto di una concezione di “Islam globale” e solo in seconda battuta dalla questione dell’emarginazione o cattiva integrazione. Resterebbe poi aperto il tema di cosa sia effettivamente l’integrazione e quanto questa sia una responsabilità del Paese ospitante e quanto del soggetto ospitato. Si tenga conto che l’impulso primario della leadership islamica che guida la Umma (comunità dei fedeli) ha come scopo una riconfigurazione della “tradizione” al fine di scongiurare che questa venga risucchiata dal vortice della modernità; a tal proposito è peculiare l’atteggiamento di quelle famiglie che tentano in tutti i modi - compresi quelli autoritari o violenti - di obbligare le giovani figlie a indossare il velo, proprio per evitare che sfuggano al controllo dei precetti islamici: inferiorità della donna e relativa sottomissione, separazione tra i generi, pena di morte per adultere e gay, reato di apostasia ecc.; che non sono un’eccezione “mostruosa” come noi la interpretiamo, ma il normale comportamento di un buon musulmano che si attenga alle leggi della sharia, un “pilastro fondamentale” dell’Islam nelle sue numerose manifestazioni degli ultimi settanta o ottant’anni.
La base da cui nasce la persuasione degli individui alla legge divina è il porre l’accento sul fatto che essi sono dei “prescelti” di Dio, degli eletti alla redenzione divina, e la comunità si affida al loro impegno per quella che è ritenuta la “santa causa”, ovvero contrastare la società contaminata e in antitesi con il precetto della “virtù”. I disertori - gli apostati - sono dei malvagi che si uniscono al nemico e quindi vanno eliminati. Ora è chiaro che in questa chiave interpretativa l’aggressione terroristica al nemico rappresentato dalla modernità, è legittimata dalla grandezza di Dio.
Se non si osserva il fenomeno del terrorismo tenendo conto di questi fondamentali aspetti, e si sbilancia l’interpretazione solo sulla mancata integrazione da parte dell’occidente, si dà un quadro distorto della questione, non pervenendo ad una soluzione, bensì si offre una legittimazione assai pericolosa a perpetrare la violenza terroristica. È invece proprio sul capitale simbolico che l’Islam deve cambiare la sua visione e interpretazione, fino a quando il concetto dicotomico è che la luce si contrappone alle tenebre, la verità alla falsità (in arabo Hizb Allah vs a’da’, hibz al-Shayatn) si continuerà a perpetrare la violenza e, da parte occidentale, a dare un’interpretazione fuorviante agli eventi senza alcuna possibilità di modificarli. Peculiare il commento di Emmanuel Macron a tal proposito dopo l’attentato: “la violenza terroristica diventerà la quotidianità dei nostri anni futuri”. Chapeau.
di Loredana Biffo