giovedì 20 aprile 2017
Caro Carlo Calenda, non ci siamo. E non per il suo annuncio sulla necessità di una dichiarata larga intesa antigrillina, ma perché il problema non sta nei numeri ma nel coraggio e nella forza delle scelte.
Nel 2001 e poi nel 2008, Silvio Berlusconi vinse con numeri importanti eppure non riuscì a cambiare l’Italia, un po’ per colpa sua e molto per colpa di alleati infedeli e infidi. Ecco perché non ci siamo caro ministro, oltretutto le proposte che lei ha fatto, seppure condivisibili, sono un’inezia rispetto a quel che ci vorrebbe per far resuscitare il Paese. Non bastano trite lenzuolate, contratti decentrati, qualche privatizzazione e attenzione all’ambiente. Per come stiamo messi bisognerebbe ripartire da zero con una nuova Costituzione fatta da una Assemblea Costituente.
Serve una giustizia nuova di zecca, l’abolizione degli Statuti speciali, la riscrittura del welfare e del fisco, il presidenzialismo e il vincolo di mandato. Da noi serve una maggioranza che abbia il coraggio di smantellare da cima a fondo l’apparato pubblico, mandando a casa una quantità di nullafacenti assunti per consenso elettorale, che costano un’enormità e non si trasformano in servizi migliori. Meglio pagarli lasciandoli a casa che tenerli a scaldare sedie inutili dove oltretutto costano di più e fanno parecchi danni. Del resto i furbetti del cartellino sono solo la punta di un iceberg. Un gigantesco iceberg di Stato messo in piedi nel corso di decenni da una dissennata politica cattocomunista che ha infilato la macchina statale ovunque e dove non serviva. Parliamo di enti, aziende, organismi, istituti centrali e locali che da anni erogano stipendi ed emolumenti ai dipendenti e ai Consigli d’amministrazione, che costano da matti, fanno burocrazia e complicano la vita di tutti.
Serve di fare piazza pulita di questo e tanto altro, a partire dalla divisione fra previdenza e assistenza e dall’abolizione di una contrattualità di Stato che privilegia insostenibilmente e ingiustificatamente alcuni ordini e settori. Bankitalia ad esempio va riformata tutta, come la Consob e molte Authority; vanno riviste le pensioni d’oro e parecchi diritti acquisiti, che gridano vergogna nei confronti dell’equità sociale. Sulle pensioni poi non serve la genialata della Legge Fornero che sposta in prossimità della morte il diritto alla pensione; serve agire sui coefficienti di trasformazione ed erogazione, maggiorando a livello decoroso e degno le pensioni minime. Un Paese civile non può erogare pensioni di centinaia di migliaia di euro l’anno ad alcuni solo perché c’è una legge; un Paese civile la cambia la legge e rimodula a vantaggio dei più deboli.
Da noi, caro ministro Calenda, va riscritto per intero il capitolo dei finanziamenti pubblici a qualsiasi titolo, come vanno riscritti i costi della politica, dei centri di potere e dei cosiddetti super manager di Stato, che troppo spesso sono politici trombati o a fine corsa. In Italia serve una maggioranza che abbia il coraggio di rivoluzionare la fiscalità partendo da un reset generale, equo e sostenibile, che consenta di recuperare il recuperabile e non di iscriverlo a bilancio per fare numero e sprecare inchiostro. Inutile avere centinaia di miliardi in sospeso ben sapendo che non entreranno mai, perché non possono rientrare per i mille motivi che tutti conoscono. La nostra Repubblica non può essere fondata sulle tasse, sulle cartelle fiscali, su Equitalia, sui pignoramenti e sulle liti tributarie, così si esaspera e si alimenta la guerra fiscale. L’evasione si combatte con una tassazione giusta, semplice, con la collaborazione e col conflitto d’interesse, con leggi chiare e certe e non con l’inquisizione alla Torquemada e lo stivaletto cinese. In Italia serve una maggioranza che abbia il coraggio di porre un limite all’accoglienza. Non possiamo continuare così, perché l’immigrazione è diventata una bomba sociale.
Insomma, caro ministro, chi volesse sconfiggere Beppe Grillo non dovrebbe puntare a sante e improbabili alleanze per fare numero, perché gli basterebbe avere la forza, il coraggio e l’onestà di rivoluzionare il Paese. Del resto Grillo vive di questo, del malcontento e dell’indignazione generato da una politica avida, ipocrita e opportunista, che ha sempre fatto lo struzzo. Solo così ci salveremo perché è questo che conta e non i grillini. Ecco perché siamo di fronte a un bivio: o la politica trova la forza di cambiare il Paese oppure il Paese cambierà la politica. Del resto l’azienda della quale si sta occupando, l’Alitalia, caro ministro, è proprio l’esempio dell’Italia da cambiare, da recidere, da dimenticare se si vuole avere un futuro.
Con sincerità e simpatia, buon lavoro ministro Calenda.
di E. Rossi e A. Mosca