Il problema non è la pistola, ma la legge

sabato 8 aprile 2017


Che in Italia in questi ultimi anni la quantità dei reati di rapina, furto, aggressione o, peggio, omicidio, nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro sia aumentato, è una realtà. Una realtà che non può essere smentita dagli ipocriti e intellettualmente disonesti che vanno in televisione a citare dati che al contrario li danno in diminuzione. Infatti, “i bugiardi” sanno benissimo che ormai, tranne che nei casi più efferati, i cittadini hanno purtroppo smesso anche di denunciare, ben sapendo che la denuncia serve a poco.

Del resto, che il problema e il dramma dei furti e rapine sia diventato un’emergenza sociale-nazionale è testimoniato dal fatto che l’industria della sicurezza negli ultimi dieci-quindici anni è in costante crescita. Chi porta i capelli bianchi, infatti, ricorderà che fino a una ventina di anni fa le case dotate ad esempio di grate alle finestre erano largamente minoritarie. Oggi, al contrario, basta guardare le facciate dei palazzi per rendersi conto che è tutta una grata, per non parlare delle blindature e degli allarmi. Dunque, che gli italiani siano corsi massicciamente ai ripari con ogni possibile rimedio cosiddetto “passivo”, è certo, come però è altrettanto certo che non basti. Ecco perché i tromboni che in tivù esortano la gente a corazzarsi in casa sono in malafede, perché sanno benissimo che i cittadini questo rimedio in larghissima misura l’hanno già preso, ma non basta.

Certo meglio blindati che no, meglio allarmati che no, meglio inchiavardati che no, ma il problema non è solo questo e si sa bene. Premesso che in Italia non esista la vocazione del pistolero e nemmeno quella del Far West; premesso anche che siamo contrari alla detenzione di armi in casa, una soluzione legislativa forte s’impone. Il problema della legittima difesa, infatti, non è legato alla pistola, come gli ipocriti cercano di fare credere per suggestionare i cittadini e l’opinione pubblica, ma è una semplice questione di diritto e di certezza della pena.

In realtà in casa ci si può difendere da una aggressione criminale non solo con una pistola, si può farlo con un bastone, un badile, oppure un arnese qualsiasi, dunque il problema non è e non può essere lo strumento. Il problema è la legge, una legge cioè che tuteli sempre e indiscutibilmente chi si difende da un’aggressione criminale e violenta subita in una proprietà privata. Su questo tema l’ipocrisia cattocomunista, buonista, radical chic, vorrebbe che in un nuovo testo di legge sulla legittima difesa fosse un magistrato a stabilire lo stato d’animo dell’aggredito.

Insomma, un giudice per scagionare chi ha subito un’intrusione aggressiva in casa, reagendo in modo letale, dovrà valutare lo stato psicofisico dell’aggredito, roba da non credere. Che stato emozionale può avere un cristiano che di notte si ritrova uno o più delinquenti senza scrupoli, che entrano per derubarlo e purtroppo spesso per malmenarlo senza pietà? Che tipo di lucidità dovrebbe avere una persona di fronte alle botte, di fronte alle violenze di una rapina, prima di decidere come e quanto reagire? Bene, anzi male, è ora di finirla di metterci in mano sempre e comunque alla discrezionalità di un giudice. Prima dei giudici ci sono le leggi; leggi che nella loro funzione i magistrati devono interpretare e applicare, dunque se una legge è chiara e inequivocabile non può esserci discrezionalità. Nella storia giudiziaria la troppa discrezionalità dei giudicanti ha fatto parecchi danni e lo sappiamo, ecco perché sulla legittima difesa serve una legge incontrovertibile, severa e che tuteli in primis le vittime. Dunque la si smetta con la storia delle pistole e si affronti e risolva in Parlamento presto, molto presto, il problema.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca