giovedì 30 marzo 2017
Prima di Pasqua il nuovo presidente dell’Ordine dei giornalisti. Dopo le dimissioni di Enzo Iacopino, l’interim è passato al messinese Santino Franchina, 59 anni, pubblicista e collaboratore della Gazzetta del Sud come cronista di giudiziaria a Patti (Me).
Per regolamento ci sono 15 giorni di tempo per convocare l’assemblea del Consiglio nazionale per eleggere i nuovi vertici che dovrebbero, però, durare in carica fino al 30 giugno. Nel formalizzare le sue dimissioni, Enzo Iacopino ha rilasciato una breve dichiarazione: “Considero concluso il mio mandato. È una decisione presa quasi un anno fa: volevo completare il percorso della Legge sull’editoria. Ora siamo giunti alla fase del decreto attuativo”.
Iacopino era stato eletto presidente nel 2007 e riconfermato nel 2013. Giornalista di lunga data con esperienza di capo della redazione del Mattino nella storica sala stampa di piazza San Silvestro, protagonista delle vicende del giornalismo italiano degli ultimi 15 anni, presidente della stampa parlamentare. Caratterialmente portato a sostenere con decisione i problemi deontologici della categoria, incontrando e superando contrasti lungo il percorso in difesa del “dovere della verità”. Moderando le conferenze stampa di fine anno dei vari presidenti del Consiglio, Iacopino ha sempre sollecitato riflessioni sull’evoluzione della professione e sulla necessità che il Parlamento affrontasse alcuni temi spinosi come la legge sulla riforma dell’Ordine, vecchia di 20mila giorni, la riforma dell’editoria e le modiche alla legge sulla diffamazione, specie dopo i pronunciamenti della Corte di giustizia di Strasburgo contro le leggi penali che prevedono l’arresto dei giornalisti.
“Tutto finisce, presidenza dell’Ordine addio. È tempo di bilanci, per tutti”. Davanti al Consiglio nazionale, il discorso di addio di Iacopino non è stato affatto diplomatico. I sassolini mano a mano sono diventati macigni. Qualche avversario ha bollato il discorso riferendosi al carattere senza prendere in considerazione le osservazioni. Un bilancio caratterizzato dal pessimismo. A cominciare dalla riforma andata in porto, ma “con la strana idea di democrazia di alcuni che si confrontano in assemblea per accettarne decisioni solo se queste corrispondono ai loro disegni e alle loro strategie”.
L’obiettivo era quello “di imporre una svolta alla vita e nella gestione dell’Ordine” e in questo campo “l’avvenuta moralizzazione nell’impiego dei soldi dei colleghi” ha contribuito ad avere “la casa dei giornalisti” in via Sommacampagna, frutto di una sana amministrazione e l’impiego responsabile dei soldi dei colleghi. Il resto è buio pesto”.
Il riferimento è al fallimento della battaglia sull’equo compenso che tendeva a dare dignità e speranza alle migliaia di “ultimi” di tante età, causa di chi ha accettato che si codificasse il prezzo schiavitù: 4.980 euro (tasse, spese, foto, video, abstract per on-line) per il lavoro di un anno. “Una vergogna” l’ha bollata Iacopino, aggiungendo che “il recupero della credibilità della categoria si è rilevato un vero fallimento. È prevalso un gioco perverso e irresponsabile di opposte militanze, il settarismo, la superficialità, le urla, la volgarità”.
Persino la trasmissione di segnalazioni ai Consigli di disciplina territoriali, un atto imposto dalle leggi e dalle norme interne, è diventata materia per polemiche alimentate dai professori del diritto. Nell’ultima parte del discorso, Iacopino è nuovamente intervenuto sul modo di fare informazione: “Ho tentato - ha detto - di evitare la deriva legata anche a norme che consentono ad editori improvvisati non solo di maramaldeggiare sfruttando i colleghi, ma di piegare il bene primario dell’informazione ai loro interessi”.
Si è avvertita la delusione e la stanchezza di chi al vertice di un organismo come l’Ordine è stato costretto a registrare più sconfitte che progresso della professione che cambia. La crisi dell’editoria è profonda. Anche i lettori che, come scriveva Indro Montanelli, ne sono i padroni stanno lasciando i quotidiani e i periodici alla ricerca di altre fonti d’informazione. Poi però non sanno difendersi dalle bufale mediatiche, dai falsi scoop e dalla manipolazione delle notizie.
di Sergio Menicucci