I nuovi mutanti: attenti al “GrilloRenzi”

giovedì 30 marzo 2017


Strani animali i “Grillorenzi”. Prodotti da un’ibridazione di un’esotica varietà di grilli carnivora con un’antica specie collettivista mutante (Pci, Pds, Ds, Pd, Dp), hanno caratteristiche ancora instabili, potendo presentare sembianze più pronunciate dell’una o dell’altra specie originaria e un colore che oscilla dal rosso vivo (anche rosso antico nei Dp) al rosa shocking avanspettacolo. Hanno in comune una vistosa coda velenosa che cercano di nascondere e che perciò spesso si pestano tra loro, oltre a una smodata e aggressiva fame di contribuenti, di cui sono ghiottissimi.

Organizzati gerarchicamente in piramide totalitaria, con al vertice un Grillorenzi regino, indiscusso e indiscutibile, sono volentieri cannibali tra loro, ma solo se in mancanza di contribuenti presenti, che voracemente prediligono e che fermano con le loro pinze chiamate tasse e divorano dopo averli fatti votare. Tutti rigorosamente mancini, attaccano sempre da sinistra, secondo una tecnica ben collaudata basata sul loro camaleontismo. Il Grillorenzi somaticamente più grillino spaventa il cittadino al passeggio che, per sfuggirgli, finisce in braccio al Grillorenzi più renziano che se lo pappa e viceversa se è invece il renziano a tendere la trappola, disgusta talmente il passante che fugge in bocca al grillino. Gli uni definiscono il processo “crescita spensierata”, gli altri “decrescita felice”, ma si tratta sempre di un processo digestivo fiscale e burocratico. L’unica cosa che li spaventa è se li chiami comunisti, non perché gliene freghi realmente ancora qualcosa, ma perché tiene lontano il contribuente-elettore, che diventa così più difficilmente tassabile. L’altra cosa che li atterrisce è se fai vedere, nonostante il diverso carapace che indossano, che sono in realtà molto simili (anzi uguali) e così compiono diverse mute, cambiando spesso l’involucro esterno. Difatti, venuto meno il gioco delle parti tra loro, diventerebbe più difficile prendere voti, perché basati essenzialmente sul disgusto o sulla paura che provocano gli uni rispetto agli altri, mentre se riconosciuti finalmente essenzialmente uguali dovrebbero prender voti in positivo per meriti e programmi; cosa non facile, anzi quasi al limite dell’impossibilità per loro.

L’unico modo per difendersi è dunque quello di riconoscerli come appartenenti alla stessa specie di Grillorenzi e cercare di evitarli entrambi, anzitutto perché, in mancanza di elettori-contribuenti, riprendono subito a mangiarsi tra di loro diminuendo così di numero e poi perché, se confinati a sinistra, sono ben lontani da quella maggioranza che solo degli sprovveduti di destra potrebbero regalargli.

In realtà, Matteo Renzi è la sinistra che si finge moderata per attirare gli spaventati antigrillini di destra e Beppe Grillo la sinistra che si finge antisistema per attirare gli imbestialiti sempre di destra. È il gioco delle parti la sola cosa che permette loro di sperare di vincere, in un Paese che è maggioritariamente di centrodestra e per fare questo devono convincerci che la divisione tra destra e sinistra non c’è più. Il che non è vero, non è affatto vero, anzi al contrario è la principale divisione che sopravvive un po’ in tutto il mondo anche al di là di nazioni, etnie e religioni diverse.

Pigliamo una delle cose più tipicamente di destra: la diminuzione delle imposte (e della loro esagerata progressività); come farebbero i grillorenzi a diminuirle se è nelle imposte che fanno il nido e prosperano, un po’ come lo scarabeo stercorario nel suo elemento prediletto; come potrebbero dare il reddito di cittadinanza anche ai nullafacenti senza le tasse dei lavoratori o accogliere a centinaia di migliaia i cari clandestini senza le tasse, sempre dei lavoratori ? Pigliamo la giustizia, che a conti fatti vede un po’ di garantismo ormai solo a destra, che differenza c’è, a parte il linguaggio sboccato oppure capzioso e il tono di voce, tra manettari renzogrillini o grillorenzini, o ancora le molte importanti scelte di fondo che li vedono uniti fingendo di non esserlo? E che dire della democrazia interna, che sembra un’incattivita riedizione twitteriana o parrocchiale (o twitteriana-parrocchiale) del centralismo democratico, che di volta in volta identifica gli “antipartito” nei vari D’Alema o nei poveri Pizzarotti, da rottamare assolutamente su ordine del Grillorenzi regino?

E intanto a destra, storditi dai grandi mezzi di informazione che non hanno più grandi borghesi a dirigerli, molti, troppi elettori fanno a gara per meritarsi l’appellativo in voga all’epoca di Scelba, Guareschi e del cardinal Ottaviani: quello di utili idioti (U.I.). Ah, ma io voto solo per protesta, fanno gli U.I. del tipo “Grill”, come se si potesse votare per un partito del 30 per cento allo stesso modo che per una singola Ilona Staller; difendiamo le istituzioni, dicono quelli del tipo “Renz”, come se istituzioni che ci vedono cittadini senza più diritti, nei confronti dei comuni espropriatori, delle procure o del fisco, fossero istituzioni da difendere. Ma scusa, allora a Roma tra Roberto Giachetti e Virginia Raggi per chi dovevo votare? Ma proprio per nessuno, grullo (grullo, non grillo), dovevi restare a casa senza farti complice della distruzione della casa comune, restare libero per partecipare, quando sarà possibile, a una reale alternativa, non contribuire a edificare le tane dei grillorenzi. Oh, se poi Grillo ti piace, se ti ci identifichi, vota pure, ma non ci venire a dire (e soprattutto non dire a te stesso) che lo fai per protesta; lo fai perché sotto sotto ti piace, anche se ti vergogni a dirlo, mentre Renzi non è la rottamazione del sistema, né la difesa della democrazia, ma la difesa furbetta (fin che gli riesce) di un sistema autoritario, anche se gommoso, in cui trovare una collocazione qualunque, un posticino. Dice, ma così non rispetti gli elettori. Nient’affatto, io rispetto moltissimo gli elettori, se uno è grillorenzino fa benissimo a votarli; io dico che gli altri fanno male a farlo, quelli che votavano Silvio Berlusconi e Ginfranco Fini, semplicemente perché loro volevano tutt’altre cose rispetto ai grillorenzi.

Non è questione di uomini, pur se fondamentali, è questione di programmi e di visione della società. Se sei un grillorenzi e ti piace l’alveare è una cosa, se non ti piace, anzi ti piace la casetta autonoma e una vita indipendente senza troppi che ti camminino sui piedi è un’altra. Salvini, Meloni, Toti, i liberali di De luca, i conservatori di Fitto e Capezzone, i “sovranisti” di Alemanno, i monarchici dell’Umi di Sacchi, ma anche i sempreverdi Berlusconi e Fini e chi più ne ha più ne metta, sono tutti una scelta non di sinistra, adatta, secondo gusto, per chi di sinistra non è, mentre per tutti costoro sono i grillorenzi che non vanno bene. Affatto. Poco importa che il grillorenzi sia nella sua fase (renziana) di bruco scivoloso che scava gallerie nei frutti rovinandoli, o in quella di insetto (grillino) che ronza, morde e fa avvizzire, sempre di una specie a carico del cittadino/contribuente si tratta.

Perfino i radicali dovrebbero diffidare dei grillorenzi, perché alla fin fine si tratta pur sempre di un organismo geneticamente modificato, un Ogm di cui è stato artificialmente aumentato l’appetito partitocratico e che sta in agguato in ogni dove, sotto i sassi, nei sottoscala, nelle cantine e negli armadi, ma anche nelle redazioni dei giornali, nelle case editrici, nei teatri, nei consigli di amministrazione, nelle banche (e anche in qualche parrocchia). Prudenza e diffidenza ci vuole, perché se lo conosci lo eviti, anche se si finge tutto e il contrario di tutto. Insomma che uno sia verde lega, viola radicale, nero come la notte, tricolore come una caprese col basilico o blu savoia, non deve mai dimenticare che il grillorenzi è rosso, solo rosso. E anche brutto a vedersi.


di Giuseppe Basini