giovedì 23 febbraio 2017
Viviamo un’epoca caratterizzata da valori, ideali e politiche liberali in profonda crisi; fagocitate, indebolite, sorpassate da qualunquismo, bigottismo, proibizionismo. Questa è l’attuale istantanea del mondo. Questa è anche la fotografia dell’Italia che, purtroppo, non fa eccezione; sotto molteplici punti di vista (come, ad esempio, il capitolo “legalizzazioni”).
La legalizzazione della Cannabis nel nostro Paese porterebbe ad evidenti benefici: in termini di riduzione di criminalità e microcriminalità; tassazione e dunque guadagno per l’erario italiano; possibilità occupazionali; tagli alle spese della giustizia, risparmi derivanti dai tagli alle spese dell’attività persecutoria verso comportamenti criminosi legati a spaccio e consumo di cannabis; diminuzione del numero di carcerati, in un Paese con un sovrappopolamento carcerario e condizione indegne dei carcerati stessi; apertura di nuovi canali turistici; aspetti sanitari, basti pensare al modello, supremo, olandese: dopo più di vent’anni di legalizzazione in Olanda è possibile fare un bilancio, sanitariamente parlando: i consumi di eroina sono dati in diminuzione (soprattutto fra i giovani sotto i 21 anni) e ovviamente a questo corrisponde una riduzione drastica delle fatalità derivanti da overdose o da Aids, il cui tasso è dato in netto calo rispetto alle medie europee.
A chi obietta dicendo che la legalizzazione potrebbe comportare uno sfrenato uso di cannabis e, quindi, un ipotetico aumento del numero di incidenti stradali, rispondo che ciò non corrisponde assolutamente alla verità, anzi. Debellando l’acquisto illecito di cannabis, diminuirebbe, a mio avviso, l’usanza di comprare e fumarla seduta stante; perché non essendo perseguibile, colui il quale l’ha acquistata, o comunque la maggior parte, tranquillamente, senza paura di sorta, di essere perquisito, fumerebbe - ribadisco, nella maggior parte dei casi - nella propria abitazione, non mettendosi alla guida alterato. Gli incidenti come si verificano ora potrebbero verificarsi dopo, e non cambierebbe nulla; e anche se dovesse aumentare dello 0,1 il rischio, comunque sarebbe un’eventualità da accettare. Dovrebbe accettarsi perché legalizzare vuol dire mettere parola fine al bigotto, cieco e irrazionale proibizionismo, che non ha portato da nessuna parte; anzi, ha solamente provocato enormi danni sotto tutti i punti di vista.
Accettando la liberalizzazione non si sfocia nell’essere dittatori, imponendo obblighi e divieti agli altri. Accettando questo principio, si beneficia degli innumerevoli “pro” che ne scaturiscono e, giocoforza, si prendono anche i (seppur minimi o addirittura inesistenti) “contro” che ne conseguono. I dati statistici dimostrano che tantissimi anni di politica proibizionista non sono riusciti ad attenuare il fenomeno; anzi, al contrario, lo ha incrementato.
Punire e proibire non serve. La droga è un problema, ma dal punto di vista sociale, non dal punto di vista penale. Una legge che preveda pesanti sanzioni o, addirittura, il carcere, non ha risolto in passato, non risolve nel presente e neppure in futuro il problema del consumo di droga. Nel mondo occidentale l’uso della droga è in costante aumento ed è un mercato che non conosce crisi economica; le uniche realtà che vedono scendere il consumo di sostanze stupefacenti tra i giovanissimi sono il Portogallo, un Paese che, ben sedici anni fa - nel preistorico 2001 - depenalizzò l’acquisto di tutte le droghe.
Già esperienze come quella svizzera, olandese appunto e danese, parlano chiaro. Nel 2006, la prestigiosa rivista scientifica del Regno Unito “The Lancet” ha pubblicato uno studio portato avanti dall’Ospedale psichiatrico universitario di Zurigo. L’inchiesta è iniziata nel 1991, anno in cui la Svizzera ha avviato un programma di somministrazione controllata di eroina. In circa dieci anni i neo consumatori erano scesi da 850 a 150 (circa l’82 per cento in meno!). Questi dati sono a dimostrazione che le politiche liberali non hanno portato alla tanto temuta “banalizzazione” dell’eroina (il rischio infatti era che politiche simili portassero ad un uso più elevato, sposando l’equazione del “la uso di più perché ho più facilità nel procurarmela”).
Al contrario, in questo modo, si è debellata l’immagine dell’atto di “ribellione”, della trasgressione nel drogarsi. Già dopo un anno dall’entrata in vigore di questa misura liberale, il governo elvetico aveva ottenuto il 20 per cento in meno di morti per overdose. Politiche antiproibizioniste non portano all’aumento dell’uso di droga; al contrario, contribuiscono alla diminuzione delle morti per overdose (nella maggior parte dei casi, le morti per overdose non sono provocate da quantità in eccesso bensì da utilizzo di sostanze non controllate, che si tramutano in letali). Antiproibizionismo vuol dire esser moderni, liberali, razionali, lungimiranti. Lunga vita alla legalizzazione, figlia della gloriosa Santa Madre Libertà.
di Edoardo Albert