martedì 24 gennaio 2017
Per poco non ci è scappato il morto l’altra notte al palazzo dell’Inpgi di Largo Loria n. 3. L’ha scampata bella un agente di polizia, cui è crollato un solaio sotto i piedi e che ora si trova in prognosi riservata al Policlinico. Non è in pericolo di vita, comunque. Il poliziotto era stato chiamato per un allarme “intrusione” e, dopo avere ispezionato insieme ai suoi colleghi tutti i piani dello stabile, ormai in stato di abbandono da oltre un anno e mezzo (cioè da quando l’allora opposizione grillina di cui faceva parte anche l’attuale sindaca, Virginia Raggi, “costrinse” di fatto la giunta comunale Marino a disdire il contratto di subaffitto da 9 milioni e rotti di euro annui con il costruttore Sergio Scarpellini, che a sua volta affittava dall’Inpgi per poco più di due milioni di euro l’anno), è andato a incappare in questo solaio pericolante al secondo piano cadendo e riportando anche una commozione cerebrale. Oltre a qualche osso rotto. Se fosse morto, di fatto, la responsabilità civile della sua preziosa vita sarebbe stata in carico all’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. Che vede nella parabola storica di Largo Loria un po’ l’allegoria di tutti gli attuali mali dell’istituto. La crisi, che già si intravedeva nel 2005, risultò determinante nell’essere costretti ad affittarlo a uno come Scarpellini, di recente arrestato insieme all’ex fedelissimo della stessa Raggi, Raffaele Marra.
In un primo momento, quando l’Enel aveva disdetto il precedente contratto di affitto con l’Inpgi per un milione e ottocentomila euro, il palazzo venne offerto sul mercato, mediante bandi pubblici, a quella stessa cifra. Vennero a vederlo quelli della Provincia, quelli della Regione e quelli del Comune, in tre visite distinte, dato che la grandezza dell’edificio (oltre millecinquecento metri quadrati coperti su quattro piani) consigliava un ospite “istituzionale”. Tutti scapparono sdegnati per quella cifra che invece poi sarebbe risultata congrua anche negli anni a venire contraddistinti da quella tragedia del settore immobiliare crollato. Determinata dall’atteggiamento ostile e dalla tassa sulla prima casa del Governo Monti.
Via via in quel settore, che sta ripartendo dal coma solo adesso, dopo che Matteo Renzi ha avuto il buon senso di ri-togliere quella maledetta tassa che per primo fu Silvio Berlusconi a levare (si sperava per sempre), si sono persi 700mila posti di lavoro. Sono andati a gambe all’aria anche i piccoli e i medi costruttori, che non hanno più venduto niente per anni, neanche gli appartamenti già prenotati anche con caparra. E la “filiera”, come va di moda dire oggi, si è inevitabilmente propagata alle banche che non si sono viste pagare più né i mutui né i fidi dai costruttori. Un disastro da guerra atomica, come solo alcuni economisti della scuola merkeliana della Bocconi sono in grado di innestare.
Fatto sta che all’Inpgi già nel 2006 non parve vero che dal nulla, dopo tanti tentativi rimasti senza conclusione, si fosse materializzato “‘sto Scarpellini”. Che di milioni per l’affitto di un anno, con contratto da nove più nove, ne offriva addirittura due più altri centomila euro. Naturalmente uno come Scarpellini non è il tipo che fa niente per niente e all’Inpgi dell’epoca di Gabriele Cescutti nessuno si scandalizzò per l’insolita richiesta, da mettere nel contratto, avanzata dal “salvatore di Largo Loria 3”: diritto al subaffitto, di parte o di tutto il palazzo. Con lavori di ristrutturazione a carico di Scarpellini, da detrarre (fino ad annullarne i proventi) dal primo anno di affitto. Una deroga normale, come si fa nei contratti d’affitto di grande portata. Però c’era il trucco: nel 2007, quando Scarpellini doveva finalmente iniziare a pagare l’affitto da due milioni e centomila euro l’anno (cosa che fece fino al 2015), quasi in contemporanea si materializza subito il subaffittuario di Scarpellini. Che ovviamente doveva essere pronto da prima. Non era passato di lì per caso. Sorpresa: il subaffittuario di Scarpellini era proprio il Comune di Roma, sindaco Walter Veltroni, che in un primo momento aveva declinato l’offerta diretta dall’Inpgi per un milione e ottocentomila euro. A quel punto in molti al Comune chiusero gli occhi, mentre all’Inpgi qualcuno avrebbe dovuto iniziare a incazzarsi. Lo fece solo Pierluigi Franz, sindaco dell’istituto oggi e membro del Cda all’epoca, che subito capì l’inghippo: “Hanno detto di no a un milione e ottocentomila euro e poi subaffittano da uno che a noi già ne paga due di milioni di euro?”.
Ma la cosa, che già sapeva di beffa, assunse in seguito connotati più gravi: il Comune, giunta Veltroni, pagava addirittura 9 milioni e 500mila euro l’anno. Il quadruplo e oltre di quel che Scarpellini versava all’Inpgi. Quelli che oggi qualcuno chiamerebbe “forcaioli populisti” si chiesero: “Ma chi ce magna?”
A questo interrogativo prima o poi daranno una risposta i magistrati e la stessa Corte dei conti. Il Comune, quando fu costretto a disdire il contratto da Scarpellini, mica era obbligato a traslocare in altri due edifici, in cui paga cifre considerevoli, con un aggravio per il solo trasloco di altri duecentomila euro. Poteva molto più logicamente bypassare Scarpellini e rivolgersi direttamente all’Inpgi, che a sua volta avrebbe provveduto contestualmente a rescindere per giusta causa il contratto con Scarpellini, o a trovare un accordo economico per evitare le carte bollate. Nulla di tutto questo: Scarpellini non ha più pagato l’ultimo anno di affitto all’Inpgi dopo essere stato scaricato dal Comune.
I grillini non hanno più parlato di quel palazzo e di quella battaglia che aveva loro portato all’epoca un po’ di gloria. Episodio che oggi, nei tempi duri della disillusione degli elettori della Raggi, potrebbe far comodo rievocare. Scarpellini ha seguito il suo destino. E il Comune ha fatto i famosi risparmi di “Maria Cazzetta” andando sicuramente a fitti molto minori in altri due palazzi, ma pur sempre raddoppiando la spesa rispetto a un semplice subentro con l’Inpgi nell’affitto di Largo Loria n. 3. Adesso questo stabile è rimasto sul gozzo all’Inpgi anche perché nel frattempo i cespiti immobiliari che l’Istituto tiene in offerta ai vecchi prezzi, perché servono come poste attive (un bel po’ super valutate) per fare quadrare il bilancio, non trovano compratori o affittuari così facilmente. E Largo Loria n. 3? Nessuno può illudersi di poterlo sbolognare ai prezzi di fine anni Ottanta dello scorso secolo. Inoltre l’edificio è oggetto di continui tentativi di intrusione visto che a Roma c’è un popolo sotterraneo di poveri che vive per strada e comprende ovviamente anche i rifugiati extracomunitari. E l’Inpgi ci spende 60mila euro l’anno di spese di guardiania. Con esiti non molto soddisfacenti a giudicare dall’episodio dell’altra notte che poteva avere effetti tragici. Anche per l’immagine dell’istituto. Un poliziotto ti muore per andare a verificare un’intrusione in un palazzo sottoposto alla tua responsabilità? Meglio non pensarci.
È una storia tutta italiana quella del palazzo di Largo Loria. E per miracolo il copione non ha sinora previsto che ci scappi pure il morto.
di Rocco Schiavone