venerdì 30 dicembre 2016
Patrizio Rovelli, noto avvocato e giurista di Cagliari, con il quale abbiamo avuto modo di condurre diverse battaglie non solo su questioni strettamente di diritto e di giustizia, mi ha mandato il testo di un manifesto per un’“Osservatorio sulla giustizia”.
Credo che l’iniziativa di Rovelli giunga in un momento in cui essa è non solo opportuna e lodevole, ma indilazionabile. Può darsi che la mia gran voglia di non chiudere gli occhi con uno spettacolo di sfacelo e di dissipazione di un po’ tutti i valori nei quali ho creduto ed ai quali ho cercato di ispirare la mia vita politica e professionale mi faccia velo ai tanti limiti ed ostacoli che si frappongono alla realizzazione piena e ambiziosa di questo progetto. Ma credo che esso, se sviluppato “alla grande”, possa svolgere un ruolo che va oltre gli stessi propositi di Patrizio e quelli che già in passato egli ha manifestato in proposito.
Mi spiego. La giustizia, che per l’invadenza della casta che la amministra e per una distorta ed aberrante concezione dell’indipendenza di giudici e di magistrati del “Partito dei Magistrati”, è divenuta potere politico che finisce, per motivi di cui spesso ho fatto analisi e colto le espressioni più rilevanti, per operare in modo privo di ogni controllo e di ogni valutazione anche complessiva dei suoi risultati e della sua rispondenza all’essenza della funzione affidatagli. Mentre i provvedimenti giudiziari vengono pronunziati “in nome del Popolo Italiano”, non c’è altra attività di organismo pubblico che sia così manifestamente sottratta alla corrispondenza della volontà popolare. Non si tratta solo e tanto di “dipendenza” nel senso ordinario del termine. Difetta anche quella corrispondenza logica, morale, culturale con una ben concepita ed espressa volontà popolare.
E naturalmente, in tale situazione avviene quello che si verifica in tutte le dittature, in tutte le forme di assolutismo: sono le peggiori, più fatue, distorte “esigenze” di una pubblica opinione, condizionata proprio da tale assolutismo a condizionare a loro volta gli indirizzi generali e particolari della casta “indipendente” al potere, e in realtà prevaricatrice.
Manca ogni forma di critica che, non ignorando, ma rendendo meno inconcludente ed astratta quella di una tradizione scientifica che va decadendo gravemente e rapidamente, eviti alla casta giurisdicènte di racchiudersi in una sorta di visione esoterica del proprio ruolo, almeno, valuti il risultato, l’andamento generale della giustizia. È questa una funzione che nessun Organo costituzionale svolge. Il Parlamento rifugge da ogni conato al riguardo, senza nemmeno mostrare attenzione per il progressivo suo assoggettamento al cosiddetto “contratto generale di legalità” che la magistratura si vuole attribuire. L’iniziativa dell’“Osservatorio” può, dunque, sul piano dell’esercizio di un mero diritto di conoscenza e di critica dei cittadini, sopperire in parte al difetto di una funzione istituzionale di controllo e di valutazione dei risultati della giustizia.
Detto tutto questo non vorrei aver turbato il necessario ottimismo di Patrizio Rovelli, prospettando un livello ed una dimensione dell’”Osservatorio” che implica impegno e difficoltà enormi. La sola raccolta dei dati aberranti del funzionamento della giustizia comporta il lavoro di molti esperti, un apparato informatico ben impostato. E non poco denaro. Denaro che quelli che ne hanno non hanno la minima volontà di investire in un’impresa civile di questa portata e queste finalità. È chiaro che il discorso non si arresta qui e che molto c’è da aggiungere, da studiare e, soprattutto, da realizzare. Intanto, quale che debba essere l’esito di tutto ciò, un grazie da parte di tutti noi a Patrizio Rovelli. Ed un augurio di pieno successo.
di Mauro Mellini