giovedì 22 dicembre 2016
O si capisce che è ora di cambiare strategia sull’immigrazione e nel rapporto con l’Islam, oppure tra un dramma e l’altro finiremo davvero per soccombere.
Puntuale è arrivata l’ennesima immonda tragedia ad allungare l’elenco di attentati in nome di un integralismo islamico che è figlio di due devianze. La prima tutta interna all’interpretazione più violenta di una fede che nasce e cresce contro quella cristiana e occidentale, la seconda legata alla debolezza e all’ipocrisia di una parte della nostra cultura e della nostra democrazia. Qui non si tratta di volere a tutti i costi collegare i fenomeni di una vera e propria invasione dei flussi migratori e del terrorismo integralista, si tratta di capire che le due cose messe assieme diventano potenzialmente esplosive.
Del resto, se è vero che molti attentati sono stati compiuti da terroristi islamici di seconda o terza generazione insediata in Europa, è altrettanto vero che la stragrande parte della immigrazione è di fede islamica. Ora, pur volendo ammettere che esista il cosiddetto Islam moderato, la domanda non può che essere una sola: con l’aumento esponenziale di islamici immigrati, vincerà l’Islam moderato e integrato, oppure scivoleremo in un fondamentalismo lento e strisciante?
Non solo, ma accanto a questa domanda dobbiamo porcene un’altra: di fronte ad una sempre maggiore presenza islamica in Europa dobbiamo essere più rigidi nell’affermazione delle regole, delle libertà, del rispetto del diritto che ci siamo dati, oppure più tolleranti? Il principio dell’accoglienza, infatti, non è e non può essere fine a se stesso, ma deve sottintendere l’adeguamento a uno standard di regole laiche, giuridiche, sociali per la cui affermazione abbiamo lottato e sofferto.
Insomma, per farla breve l’integrazione funziona se chi è accolto è guidato al rispetto della nostra cultura, delle nostre leggi, delle nostre democrazie con fermezza e giustizia. Va da sé, infatti, che essere al contrario troppo accomodanti, tolleranti, buonisti, lasciando quasi che siano gli immigrati a imporre nuove regole comuni, diventa un cedimento pericoloso e devastante. Qui non si tratta di consentire a tutti di avere una moschea, un tempio, una chiesa, un luogo in cui pregare il proprio credo, ma si tratta di dividere Stato e religione.
Nell’Islam, che piaccia o no, le due cose tendono a fondersi, generando un combinato disposto che non solo è anticristiano, ma che istiga ad una violenza pericolosa e inaccettabile. Sappiamo bene che non tutti gli islamici sono così, anzi probabilmente la maggior parte tende a una convivenza possibile, eppure una sollevazione dura, ferma, inflessibile dell’Islam cosiddetto moderato contro quello integralista non c’è stata e non c’è. Perché? Va da sé che se tutto l’Islam moderato si fosse schierato con determinazione, con tolleranza zero contro il fondamentalismo, ovunque annidato, sconfiggerlo sarebbe stato gioco facile. Ecco perché la costante e oceanica, incessante e incontrollata immigrazione che invade i nostri territori può rappresentare nel tempo un rischio e un vulnus che va impedito. O li fermiamo per aiutarli a casa loro, o li censiamo per rispedire via chi non ha diritto ed a quelli che restano imponiamo le nostre leggi, oppure finiremo con il soccombere e abdicare a secoli di conquiste civili e laiche. Del resto la democrazia vive solo se è forte, giusta, imparziale, altrimenti scivola nell’ipocrisia e nella debolezza, con il rischio di finire in bocca al lupo.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca