Razzismo no, insofferenza sì

martedì 20 dicembre 2016


A Rieti, lo scorso primo dicembre, un extracomunitario del Mali ha aggredito con un coltello, in una pizzeria del centro, una giovane senza motivi plausibili. Fermato dalla polizia, dopo qualche ora, l’irruento energumeno si era nuovamente presentato nella stessa pizzeria e solo un ulteriore intervento della Volante ha evitato che il ceffo africano venisse linciato seduta stante.

L’altro giorno, lo stesso africano - per la cronaca senza fissa dimora e senza regolare permesso di soggiorno - ha nuovamente usato la sua lama, stavolta colpendo un uomo che si trovava, in tarda serata, con la propria compagna a bordo di un’autovettura: prima un pugno, poi una coltellata alle spalle che ha costretto il malcapitato al ricovero all’ospedale del capoluogo sabino e poi al “Gemelli” di Roma.

Lo scrivente non si sente particolarmente “salviniano”, però fa parte di quella consistente fetta di cittadini italiani che reclamano un po’ più di sicurezza nelle strade, e non solo. Non è più possibile che, per dare una mano a chi fugge dai conflitti, si finisca per ospitare sul territorio nazionale di tutto e di più, senza neppure conoscerne almeno l’identità. Il nostro Paese sta oramai diventando una vera e propria “terra di nessuno” ove qualsiasi reato sembra essere ammesso e, cosa più grave, quasi mai punito.

In casi come quello di Rieti le cose sono due: o chi è stato chiamato a giudicare lo ha fatto in modo superficiale o ha applicato pedissequamente le leggi in vigore. Nel primo caso si dovrebbe punire chi non ha fatto in modo corretto il proprio dovere, nel secondo invece sarebbe il caso di modificare la normativa esistente anziché gridare di volta in volta allo scandalo o inneggiare all’intervento di improbabili ruspe. Altrimenti si moltiplicheranno le dimostrazioni di insofferenza che (in malafede) da più parti vengono bollate come “episodi di razzismo” ma che altro non sono se non semplici proteste di chi non ce la fa davvero più.


di Gianluca Perricone