Riforma sbagliata al momento sbagliato

sabato 3 dicembre 2016


Era ora. Finalmente si è chiusa la più surreale campagna elettorale della storia repubblicana. Chiunque la spunti nel referendum di domani, possiamo ben dire che il Paese avrà comunque perso.

Se infatti passasse il “Sì”, nulla di sostanziale cambierebbe sul piano sistemico. La nostra fallimentare democrazia acquisitiva, la cui casta politica intermedia oltre il 55 per cento della ricchezza prodotta, resterebbe aggrappata ai miti collettivisti e a quelli keynesiani di uno Stato che interviene ovunque: ufficialmente per aumentare il benessere dei cittadini, ufficiosamente per comprarsi il consenso, così come sta ampiamente mostrando di fare l’artefice principale della riforma costituzionale sul tappeto: Matteo Renzi. Un Premier che proprio per far pendere dalla propria parte l’ago della bilancia ha sparato le sue ultime cartucce spendaiole in zona Cesarini, siglando un accordo per aumentare di qualche decina di euro lo stipendio degli statali e promettendo 50 euro in più ai pensionati al minimo. Tanto alla fine il conto arriverà al solito, sempre più prostrato, Pantalone.

Tuttavia, anche se la maggioranza degli italiani dicesse “No” al pasticciato cambiamento costituzionale predisposto dai rottamatori, per onestà intellettuale occorre riconoscerlo, le conseguenze non sarebbero leggere per nessuno. Si confermerebbe all’esterno l’immagine di un Paese immobile, abbarbicato alla conservazione dell’esistente e restio ai cambiamenti di sostanza, sebbene la riforma Renzi-Boschi sostanza ne contenga ben poca. Tutto questo però non potrà non avere profonde ripercussioni negative sulla tenuta politica dell’Unione europea, soprattutto dopo l’inaspettata vicenda della Brexit, accelerando il processo di disintegrazione in atto.

Ora, considerando che l’Italia, soprattutto dopo la cura Renzi a base di nuovi debiti, è tra i grandi Paesi della stessa Unione la più dipendente dalla moneta unica e dalla Banca centrale europea di Mario Draghi, sarebbe stato molto responsabile da parte di chi sostiene da anni di pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti ritirare per tempo la scombiccherata riforma. Una volta abbandonata la linea delle larghe intese, a seguito della rottura del dialogo con Forza Italia, la ragionevolezza avrebbe imposto quanto meno di posticipare questo delicato passaggio, attendendo tempi migliori.

E invece le cose sono andate ben diversamente. L’uomo che ha vinto il campionato mondiale delle chiacchiere ha voluto intestardirsi, esponendo il nostro fragile sistema agli inevitabili contraccolpi, nel caso di una verosimile sconfitta elettorale, di un effetto domino a livello europeo. Se così andassero le cose, il machiavello fiorentino passerebbe alla storia non per aver cambiato l’Italia, ma solo per aver promosso una riforma sbagliata nel momento più sbagliato possibile. Un vero statista!


di Claudio Romiti