sabato 26 novembre 2016
Se Obama, Marchionne, il “Wall Street Journal” e il “Financial Times” esortano a favore di Renzi e per il “Sì” al referendum, sono bravi, attenti e lungimiranti. Se al contrario “L’Economist” propende per il “No”, scoppia il caso.
Insomma, siamo alle solite, non accettano e non vogliono pensieri e giudizi che non siano allineati alla loro volontà, alla loro idea. Eppure i politici, gli imprenditori e le portaerei dell’informazione internazionale e interna sono gli stessi che avevano prefigurato la catastrofe mondiale in caso di Brexit e di elezioni di Donald Trump. Sono in larga parte gli stessi che, aiutati da qualche manina nostrana, pomparono l’effetto spread per costringere Silvio Berlusconi alla resa nel 2011; sono gli stessi che oggi cercano di impaurire gli italiani in caso di vittoria del “No”. Lo fanno ad arte, non solo perché sanno bene che non sarà così, nel senso che la vittoria del “No” non provocherà cataclismi, ma perché la paura che vorrebbero incutere ai cittadini è quella che provano loro di fronte alla probabile sconfitta. Hanno paura del voto contrario perché butterebbe giù i castelletti di potere, hanno paura che la gente si emancipi dalle loro suggestioni, hanno paura che la democrazia possa vivere anche di pensieri alternativi. Per questo sostengono Renzi e il “Sì” alla riforma, perché solo con Renzi e con il “Sì” tutto davvero resterebbe tale e quale, consentendogli di porre e disporre sulla testa del popolo.
La verità, infatti, è che il vero cambiamento è stata la Brexit, la vittoria di Trump, il vero cambiamento è il vento contrario a quell’ipocrita “radical chic pensiero” che vorrebbero imporre ovunque. Non si danno pace che in Francia Hollande molto probabilmente sarà sconfitto dalla destra, che in Germania la Merkel sia sempre più in difficoltà, che in Spagna Rajoy sia tornato a vincere e che in Austria e in Ungheria c‘è un’aria diversa. Ecco perché tuonano contro l’Economist e censurano quando possono chiunque non sia del loro club, tanto è vero che gli incontri nei circoli esclusivi mondiali li fanno a porte sbarrate. Si chiudono dentro per decidere la sorte di tutti, come se spettasse a loro l’esclusiva del comando, si chiudono dentro per paura di essere contaminati dall’ignoranza dei comuni mortali. Sono arrivati addirittura a tuonare contro il suffragio universale perché considerano il popolo troppo ignorante per votare, quando gli vota avverso.
Insomma, fintanto che gli è riuscito a suggestionarlo, condizionarlo, orientarlo, il popolo gli andava bene; oggi che ci riescono sempre meno, è rozzo, incolto e incapace, alla faccia dell’uguaglianza progressista. La realtà è che stanno franando, tremando, impallidendo per il timore di perdere, per la paura che il mondo si sia accorto che non sono né i migliori e né i più bravi ad attendere alle necessità dei cittadini. Renzi e i renziani sono la testimonianza plastica di questo pensiero, di questa cultura, di questa dottrina, la certificazione di uno stile vecchio e arrogante che ha condotto la sinistra alle contraddizioni peggiori. Per questo hanno cambiato nome in continuazione, si sono mischiati con il centro, si sono spacciati per liberal, insomma hanno usato il trasformismo sia per i voti in Parlamento e sia per non farsi riconoscere. Gli è andata bene per parecchio tempo e adesso che la pacchia potrebbe finire strepitano e urlano al pericolo, alla deriva, all’intolleranza della destra. Non ce la faranno, perderanno e non per colpa dell’Economist, ma perché la gente, i cittadini comuni, il popolo comunque articolato, ha mangiato la foglia e ha sposato la libertà, la democrazia, quella vera.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca