Le “legature” di Trump e di Renzi

giovedì 24 novembre 2016


Per Beppe Grillo tutto il mondo della politica che non sta con il Movimento 5 Stelle è formato da “serial killer della vita dei nostri figli”, “fossili che ci riportano nel paleolitico”. E poi: “Matteo Renzi è una scrofa ferita”. La riforma costituzionale “è un involucro di cazzate”. Per Renzi, il fronte del “No” è semplicemente un’“accozzaglia” di partiti.

Questi sono i toni della campagna referendaria, come se il 4 dicembre segnasse lo spartiacque tra il male e il bene dell’Italia, la sua apocalisse o l’eden, la guerra o la pace. Niente di tutto questo. Alla fin fine si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria, dopo settant’anni, su poche parti della Costituzione (al di là dell’enfasi dei 47 articoli) che, nella sostanza, non cambia l’impianto dei diritti, la forma di Stato, la forma di governo.

Allora perché tanta esagerazione? Tra i partiti e all’interno del Partito Democratico si combatte la solita partita quotidiana per il potere, con l’occhio rivolto al domani, più che al dopodomani, con buona pace per la Costituzione. Il risultato è che, anche questa volta, il rischio di lasciare tutto così com’è, è alto, con il balletto delle bicamerali e delle commissioni parlamentari che riprenderanno, non si sa per quanto tempo ancora, a discutere della riforma del Senato, della necessità di ridare al popolo la dignità di arbitro (Ruffilli), della necessità di divincolare il Governo dalla presa asfissiante dei partiti.

Eppure l’elezione di Donald Trump dovrebbe insegnare qualcosa, anche alla nostra democrazia. 59 milioni di americani hanno scelto Clinton, 59 Trump. Clinton impersona la società liberale, democratica, multiculturale, plurale, mondialista e libertaria. Trump l’opposto: il protezionismo e il nazionalismo. Due modi radicalmente diversi d’intendere la convivenza: in una società “liquida” e individualista (Clinton), oppure “solida”, identitaria ed a tratti autoritaria (Trump). Nonostante questa spaccatura profonda, Clinton riconosce immediatamente la vittoria dell’avversario, Obama gli stringe la mano alla Casa Bianca il giorno dopo e invita il mondo intero a pazientare prima di avanzare giudizi su di lui. Ve lo immaginate lo stesso tipo di legittimazione dell’avversario in Italia? Trump s’insedierà il 20 gennaio prossimo e sarà in grado di poter agire nell’auspicato interesse della comunità americana. Alcuni irriducibili non lo riconoscono, ma la sua piena legittimazione è cosa fatta. Nonostante Trump, gli Stati Uniti guardano avanti, al grido: Usa, Usa, Usa!

La stessa identica cosa non capita da noi. A partire da Bettino Craxi, poi con Silvio Berlusconi, e adesso con Renzi, quando un Presidente del Consiglio prova a mettere il piglio del governo che governa, scatta la delegittimazione, a prescindere da quello che fa. La ricerca dell’efficienza, il taglio dei parlamentari e la determinazione nell’azione di governo si trasformano in autoritarismo. Ricordate il “decisionismo” craxiano? Quale migliore occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre per riesumare il fantasma del rischio autoritario?

La società americana, perfettamente spaccata a metà, può contare su quelli che Tocqueville chiamava i “fattori di comunanza” e Bauman chiama oggi “legature”. Si tratta di quel minimo di elementi d’identificazione (tradizioni, storia, cultura, religione, antenati, simboli, arte, bandiere, vessilli, paesaggi, conquiste scientifiche e cosmiche) senza i quali una comunità non può sopravvivere. Di fattori di comunanza e di legature l’Italia continua ad averne poche. La sua identità è ancora invisibile, oscura, mentre il patrimonio della cultura latina e la tradizione cristiana non bastano a “legare”. Nel secolo scorso, nell’Era delle ideologie, gli italiani hanno trovato l’unico fattore d’identificazione nei partiti politici. Allora, i guelfi e i ghibellini si sono riconosciuti come democristiani e comunisti, craxiani e anticraxiani, berlusconiani e antiberlusconiani, mai come italiani. La stessa sorte tocca adesso a Renzi. Tutto è cambiato senza nulla cambiare. I fronti “armati” del Sì e del No sul referendum non contraddicono la tradizione, mentre l’immobilismo e la contrapposizione preconcetta rischiano di colpire ancora. L’Italia pare ferma al Duecento. Quella descritta dal Divino Poeta, nel Canto VI del Purgatorio: “I tuoi figli non riescono a stare senza farsi guerra, e si straziano l’un l’altro quelli che vivono dentro la stessa cinta di mura, mentre dovrebbero sentirsi uniti. Povera, serva Italia, sede di dolore, nave senza timoniere in un mare in tempesta, non signora dei popoli ma signora di bordello! […]”.


di Guido Guidi