venerdì 7 ottobre 2016
La riforma dell’editoria, varata definitivamente dal Parlamento, fa un passo avanti con il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione destinato al sostegno dell’emittenza radiofonica e televisiva locale.
Il Fondo parte con la disponibilità di 300 milioni derivanti dalle risorse già destinate al settore (157,9 milioni nel 2016), da un contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria (48,1 milioni) e da circa 100 milioni annui per il triennio 2016-18 delle maggiori entrate derivanti dal Canone Rai, i cui primi dati però registrano un andamento negativo (non più di 1,4 milioni rispetto a 1,8 previsti). Il via libera della Camera con 275 voti favorevoli, 80 contrari e 32 astenuti produrrà effetti concreti solo dopo il varo dei decreti attuativi del Governo che ha il compito di ridefinire, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, l’intera disciplina, partendo dalla platea dei beneficiari.
Escono dagli aiuti i giornali di partito, dei sindacati, delle imprese editrici di quotidiani e periodici che appartengono a gruppi editoriali quotati in Borsa, i periodici specialistici di carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico. Nella categoria dei beneficiari entrano le cooperative dei giornalisti, gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche, periodici per i non vedenti o ipovedenti, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero, tv locali e associazioni di consumatori.
L’erogazione dei contributi sarà semplificata in due rate uguali, la prima delle quali da corrispondere entro il 30 maggio di ogni anno. La nuova legge disciplina tempi e modalità di presentazione delle domande e stabilisce i requisiti per le testate on-line che devono essere regolarmente registrate presso la Cancelleria di Tribunale, avere un direttore responsabile iscritto all’Ordine dei giornalisti, produrre principalmente informazioni con aggiornamento quotidiano senza essere una mera trasposizione telematica di una testata cartacea né un semplice aggregato di notizie. Sono previsti anche criteri premiali per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore ai 35 anni nonché per l’attivazione di alternanza scuola-lavoro.
Il Governo dovrà inoltre incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare le vendite dei prodotti editoriali e gli orari di apertura dei punti di vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici, nella radio e tv locali. La riforma dopo anni di dubbi, discussioni e divergenze, rappresenta un punto di partenza per affrontare con nuovo impegno la grave crisi che ha colpito il settore dell’editoria. La riforma era molto attesa dalla Federazione nazionale della stampa che con il presidente Giuseppe Giulietti e il segretario Raffaele Lorusso ha osservato che “con il sì definitivo del Parlamento si pongono finalmente le basi per il rilancio dell’intero sistema dell’informazione che non potrà che partire dalla formulazione di nuove regole antitrust e dalla tutela dell’autonomia delle redazioni, più che mai urgenti alla luce dei processi in atto di fusioni e di cessione della proprietà di testate”.
Il giudizio deriva anche dal fatto che la riforma arriva a 35 anni dalla legge sull’editoria ed a 53 dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. Ora si tratta di aprire immediatamente un confronto sui regolamenti anche per non lasciare alibi a chi vorrebbe tenere congelati i contratti di settore. Più caute le valutazioni del presidente del sindacato dei giornalai, Armando Abbiati, secondo il quale “gli effetti della riforma dipenderanno dai decreti attuativi che dovranno essere emanati dal Governo dopo la necessaria consultazione delle associazioni di categoria. Ci auguriamo - ha aggiunto - che gli editori applichino correttamente la parità di trattamento nell’economicità dell’intera filiera ed a tutela dei lettori di stampa quotidiana e periodica”.
Il provvedimento prevede una re-definizione della platea che può accedere ai contributi del sostegno pubblico attraverso una maggiore trasparenza e una migliore definizione della piccola editoria. La legge punta ad assicurare diritti, libertà, indipendenza, pluralismo dell’informazione a livello nazionale e locale, ad incentivare l’innovazione e a sviluppare nuove imprese editrici nel campo dell’informazione digitale. La riforma si occupa anche di alcuni aspetti della professione giornalistica.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine viene portato a 60 membri di cui due terzi professionisti, prevede l’innalzamento dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata (le aziende non potranno assumere pensionati) e la revisione della procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editoriali per l’accesso agli ammortizzatori sociali e i prepensionamenti. È fissata infine a 10 anni la concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e il trattamento retributivo non potrà superare il tetto di 240mila euro lordi annui.
di Sergio Menicucci