Juncker parla tedesco all’Europa tedesca

venerdì 23 settembre 2016


Mettiamola così: per adesso non è aria di parlare di un super Stato unico europeo, ma che si può – e si deve – tornare alla base, indietro e dare quanto più spazio possibile al blocco comune economico di libero scambio, e da lì ripartire. Se stabilito e organizzato come politico, un nucleo politico comune, è meglio. Ma oggi non è aria. L’opportunità era stata data all’origine dai fondatori, adesso è stata distrutta, precisamente negli ultimi venti anni di Europa tedesca, e di asse Sarkozy/Merkel/Napolitano (Obama/Hillary Clinton/Kerry dagli Stati Uniti) con cui sono state fatte le perniciose guerre in Africa e in Oriente dando la stura all’immigrazione forsennata effetto anche del terrorismo islamico (e con cui è stato scacciato nel 2001 l’ultimo governo eletto in Italia per imporre - senza democrazia - le scellerate scelte di Napolitano e dei suoi governi mai eletti dal popolo italiano: Mario Monti/Napolitano uno; Enrico Letta/Napolitano due; Matteo Renzi/Napolitano tre).

Friedrich von Hayek, nel 1939, nel suo “New Commonwealth Quarterly”, ha sostenuto auspicabilmente possibile l’Unione europea quale libero spazio di libero scambio economico, organizzata in una sorta di federazione politica. Allora si era alle soglie della Seconda guerra mondiale e von Hayek immaginava la federazione europea quale blocco a contrasto, contrario e diverso rispetto a quello rappresentato dal regime politico tedesco di Hitler, misto di socialismo e nazionalismo dittatoriale. Nella federazione si poteva intravedere lo strumento della pace contro le guerre commerciali ed altre tra i singoli Stati nazionali. Però già negli anni Settanta von Hayek stesso si dimostrava critico nei confronti della moneta unica, pur dicendosi convinto che solo un’Europa federale avrebbe potuto contrastare i monopoli e le pianificazioni economiche su scala nazionale. In realtà von Hayek auspicava il principio del mutuo riconoscimento, consacrato poi dalla Corte di Giustizia della Comunità europea nel 1979 attraverso la sentenza Cassis de Dijon, che prevede che le imprese possano seguire le discipline del Paese in cui producono, e vendere i propri prodotti in tutto il mercato unico, compresi i Paesi che seguono regole e standard differenti. In un sistema federale, pensava Friedrich von Hayek, il conflitto e le guerre tra gli Stati sarebbe stato smussato perché divelta l’ambizione dirigista di ciascuno.

Ecco come sono andate invece le cose. A distanza di mille anni metaforici, oggi l’Europa è tedesca e sta vivendo una crisi esistenziale che gli euroburocrati di Bruxelles neanche riescono a comprendere data la loro incapacità. Proprio l’altro giorno, davanti all’intero Parlamento di Strasburgo, l’attuale presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha parlato in tedesco; ebbene sì, proprio in tedesco a dimostrazione che l’uscita del Regno Unito è stata solo un’ovvietà e che l’Europa era ed è tedesca. In essa si parla e comunica in lingua tedesca. Non solo. La Germania “europea”, per bocca di Juncker a capo dell’Europa tedesca, ha minacciato gli altri Paesi membri sostenendo che “il patto di stabilità ha il suo effetto e non deve diventare un patto di flessibilità”. Che, in altre parole, significa che per l’Europa tedesca la nefasta politica dell’austerity e del rigore resta il cardine intorno cui ruota l’intera politica tedesca europea cui gli altri Stati devono adattarsi e sacrificarsi. A vantaggio – economico – della Germania.

Il Regno Unito ha preso a ragione la porta per tempo. L’Italia dovrebbe fare altrettanto, e alla svelta. Non è vero infatti ciò che Juncker va raccontando prendendolo direttamente dal libro delle bugie e dei sogni, che il suo piano, quello degli immaginifici milioni di euro che danno investimenti inesistenti per miliardi, si farà e produrrà effetti. Egli ha rincarato la dose pochi giorni fa affermandone il raddoppio a 630 (al primo giro erano 315 e fondati su una costruzione immaginifica, artificiale). Non ha funzionato allora e non funzionerà adesso, né dopo né mai. Si chieda a Juncker perché pensa che adesso funzioni dato che finora non ha sortito effetto (se non quello di mantenere lui e quelli come lui lautamente stipendiati a Bruxelles)?

In realtà l’Europa tedesca è oggi è un’Europa illiberale, chiusa, non democratica, una foresta pietrificata di euroburocrati inutili. Oggi c’è il Regno Unito fuggito con Brexit, c’è cioè il liberalismo inglese (che farà asse con gli Stati Uniti post-elezioni a novembre di Trump) e, dall’altra parte, burocrazia e vecchiume, sovietismo, dell’Europa tedesca di Hollande/Merkel/Napolitano/Renzi.

Il Regno Unito e Londra prosperano dopo Brexit alla faccia dei menagrami fifoni che avrebbero voluto contare le sue perdite economiche. Certo, c’è e ci sarà un periodo di assestamento, ma oggi la Gran Bretagna ha ciò che le serve, e soprattutto è libera da ciò che non le serve, che la azzoppava. Con Theresa May il Regno Unito sta preparando accordi economici bilaterali con gli ex partner europei tramite i quali manterrà intatta la situazione precedente del commercio, intensificandola anche, rendendola più “libera”. Libera dalle cretinate di Bruxelles e dell’Europa tedesca. Libertà contro dirigismo tedesco e di Juncker nell’Europa tedesca. Libertà contro il sovietismo dirigistico. Mercato e benessere, prosperità per tutti contro miseria per tutti. L’Italia è oggi dalla parte sbagliata. Eppure, siamo noti - i nostri rappresentanti burla - nel mondo per essere degli inaffidabili bugiardi, voltagabbana e senza faccia, dunque non dovrebbe essere difficile schierarsi dove il vento tira per la libertà. Ci vorrebbe il sacrosanto voto, finalmente, di noi italiani. E una coraggiosa, credibile presa di posizione al fianco della Gran Bretagna. Per la libertà. Bisogna stare a sentire cosa ha da dire il popolo. Il problema, ormai, è l’Europa tedesca, non l’Euro e nemmeno il pareggio di bilancio.


di Francesca Romana Fantetti