Tra i grillini volano gli stracci

martedì 6 settembre 2016


Cadono le stelle: nel giro di poche ore la Giunta Raggi deve fare i conti con una lunga serie di dimissioni. Sbattono la porta Alessandro Solidoro (Ama), Armando Brandolese (Atac), Carla Romana Raineri (capo di Gabinetto), Marco Rettighieri (Atac) e Marcello Minenna (assessore al Bilancio). Come se non bastasse, circola la notizia che l’assessore Muraro sia indagata dalla Procura.

Ciò ha l’indubbio merito di permettere ai Cinque Stelle di scoprire quel garantismo che fino a ieri non applicavano a nessuno e che oggi tanto invocano per le vicende di casa loro. Ha proprio ragione Luigi Di Maio quando afferma che “questo è solo l’inizio, chi pensa che governare Roma sia una cosa semplice ha sbagliato totalmente linea di pensiero. Governare Roma è un atto di coraggio che ci siamo assunti dopo che tutti gli altri partiti l’hanno distrutta”.

Peccato che loro abbiano vinto le elezioni facendola facile e dicendo che gli altri erano degli incapaci, mentre loro erano diversi dai partiti tradizionali. Adesso, manco fosse la maledizione del superbo, assistiamo ad una serie di fibrillazioni del tutto simili a quelle della politica più inconsistente e poltronista. Se sbianchettassimo i nomi dei protagonisti dalle cronache quotidiane potremmo pensare tranquillamente di essere al cospetto delle travagliate vicende della giunta Marino o Alemanno, se non addirittura della beneamata Democrazia Cristiana.

Abbandonate le riunioni in streaming – buone solo quando servivano a sputtanare gli altri – dalle segrete stanze del Campidoglio si mormora che l’origine della crisi sia da attribuirsi ad una battaglia tra correnti: da una parte Virginia Raggi ed il suo entourage e dall’altra i grandi esclusi dalle vicende romane ovvero Paola Taverna, Roberta Lombardi, Carla Ruocco ed altri. Qualcuno come Francesca De Vito (grillina intransigente della prima ora) se n’è accorto e ha ringhiato dal proprio profilo Facebook: “Adesso basta! Dovevamo dimostrare la differenza e la non continuità con il passato e io da attivista lo pretendo! Nessuno di voi ricopre un ruolo politico per doti personali ma in quanto appartenente al Movimento 5 Stelle e per questo deve rispondere a regole e parametri stabiliti!”. E ancora: “Che Virginia abbia sentito il bisogno di circondarsi di persone di fiducia ci può anche stare malgrado alcune scelte lascino il boccone amaro in bocca a molti. Che poi però ogni persona di fiducia, compreso Daniele, debba circondarsi di amichetti di merende, questo diventa inaccettabile!”.

Volano gli stracci e per questo viene spontaneo domandarsi che differenza ci sia con le diatribe che animavano la Prima Repubblica tra Clelio Darida e Franco Evangelisti. Nessuna perché si tratta di un regolamento di conti in stile anni Ottanta incentrato su giochi di potere e rapporti di forza tra correnti. Forse Darida ed Evangelisti erano meno sguaiati nella forma, ma la sostanza non cambia e tanto basta a far naufragare l’utopia grillina della democrazia dal basso. E dov’è finita la casa di vetro in cui i cittadini devono poter guardare ciò che accade? Si è persa nel porto delle nebbie tra gli incarichi da duecentomila euro nello staff del sindaco su cui si fa retromarcia solo dopo essere stati beccati con le dita nella marmellata, gli assessori dalle frequentazioni quantomeno inopportune (per i canoni pentastellati) e le telefonate dei politici grillini ai vertici delle municipalizzate fatte per caldeggiare i trasferimenti degli amici.

Sullo sfondo solo promesse, come quella di ripulire le strade in tempi brevissimi (lo sanno tutti che è impossibile ma nessuno ha chiesto alla Raggi di promettere miracoli), di trovare soluzioni innovative al problema dei rifiuti onde poi cercare di destinare gli stessi a costi onerosi fuori dal Lazio (come un Ignazio Marino qualsiasi) o di destinare 18 milioni all’Atac solo sulla carta, giusto per dare l’impressione di fare qualcosa. Ma non erano loro quelli che dicevano che i politici erano tutti uguali e giù con Pd più elle e Pd meno elle? In cosa differisce il loro stile? E come spiegano i pentastellati la scelta dell’assessore Raffaele De Dominicis (colui che ha sostituito il dimissionario Minenna al Bilancio) attraverso l’intercessione dell’avvocato Sammarco, il titolare dello studio legale presso cui ha lavorato il sindaco dopo l’esperienza nello studio Previti? Che c’entra uno studio legale con le vicende legate agli assessori capitolini? Sembra di sentire Gaetano Caltagirone quando, ad ogni telefonata di Franco Evangelisti, esordiva dicendo “A Fra’, che te serve?”.

Alla prova dei fatti l’affanno tra i grillini è palpabile e la boria di sentirsi migliori nei metodi oltre che nei contenuti sta lasciando il campo ad una pena desolante. Di Maio attribuisce le difficoltà al losco sistema delle lobby che remano contro il cambiamento, ma non si capisce come mai si frigni solo adesso contro i cattivoni mentre prima erano tutti delinquenti ed incapaci. Invece di cercare scuse, facciano un bel bagno di umiltà e scendano sulla Terra magari utilizzando quella funivia da Casalotti a Boccea che la Raggi ha promesso e che tutti ormai attendiamo con impazienza.


di Vito Massimano