mercoledì 10 agosto 2016
Alzi la mano chi si ricorda “com’è andata a finire la vicenda giudiziaria” di Renato Squillante. Il suo caso oggi torna alla mente perché l’uomo ha subìto una rapina nella sua casa di Roma ed è riuscito a far scappare i ladri in piena notte.
Nel pezzo uscito su “Il Messaggero” si ricordano le vicissitudini giudiziarie con un laconico “da cui fu assolto”. Così la gente magari evita di ricordare che la storia di Squillante, della Ariosto, di Previti e di Berlusconi riempì l’immaginario forcaiolo e anti-Cav. di tutta la seconda metà degli anni Novanta. E in effetti l’ex Consigliere istruttore presso il Tribunale di Roma, protagonista di tanti processi negli anni di piombo e ormai ultra-novantenne, venne arrestato nel 1996 con la terribile accusa di essere un magistrato corrotto e di aver aggiustato alcuni processi per conto dell’avvocato Cesare Previti e di altri due suoi colleghi, Pacifico e Acampora, il tutto nell’interesse di Silvio Berlusconi. La storia di Imi-Sir, di Sme di De Benedetti che è riuscito a ottenere da Mediaset la bella somma di oltre mezzo miliardo di euro orami è rimossa.
Ma Squillante, al contrario di Previti che si è dovuto fare anche la galera, è stato assolto da ogni accusa con due sentenze della Cassazione, una del maggio 2006 e l’altra del settembre di quello stesso anno. Nella prima si diceva che i soldi ritrovati sul suo conto corrente all’estero erano frutto di “intermediazione tra privati” e che non c’era prova logica né possibilità che fossero la ricompensa per la corruzione consistita in una indebita pressione operata sui giudici civili della vicenda Imi-Sir. Nella seconda, riguardante l’affare Sme Buitoni e il Lodo Mondadori, semplicemente la Cassazione annullò senza rinvio perché era sbagliata la competenza territoriale a Milano, in quanto la Stefania Ariosto affermava di aver visto Previti dare i soldi in contanti brevi manu a Squillante proprio a Roma in due distinti episodi, e i due processi di primo e secondo grado in cui era stato condannato semplicemente vennero messi nel nulla. Nella prima sentenza di Cassazione di cui sopra era stato addirittura il Procuratore generale Iacoviello a chiedere l’assoluzione perché i soldi che Squillante comunque percepì vennero qualificati come “episodio esecrabile”, magari dal punto di vista deontologico e disciplinare, ma non il frutto della corruzione che è reato ben diverso e di cui vanno provati tutti i nessi tra causa ed effetto.
Tra le righe si capisce che la dizione “essere a libro paga” non significa nulla se non si dimostra il corrispettivo di tale concetto. Certo, qualcuno potrà obiettare che non a tutti i pubblici ufficiali in Italia la magistratura riserva tali delicatezze giuridiche, ma il diritto e lo stato di diritto sono sempre gli stessi. E il giustizialismo “un tanto al chilo” alla fine produce più danni che altro: infatti, se un presunto corrotto pubblico ufficiale non è un magistrato e non ha buoni avvocati magari non riesce a ottenere le stesse assoluzioni di cui oggi Squillante può farsi scudo.
E in ogni caso i vari blogger di quotidiani come “Il Fatto” devono stare molto attenti a qualificare Squillante con il nomignolo “Renatino” ironizzando sulle scuse a lui dovute. Perché se li querelasse in Tribunale ci rimetterebbero le penne.
@buffadimitri
di Dimitri Buffa