giovedì 4 agosto 2016
Marco Pannella viene premiato durante la consueta cerimonia della presentazione del rapporto di Nessuno tocchi Caino sulla pena di morte nel mondo come “l’abolizionista del secolo”. Per la sua più che ventennale battaglia contro la pena capitale in tutto il pianeta. La più transnazionale delle battaglie del leader radicale cui è dedicato il rapporto annuale con tanto di foto sulla copertina del libro.
Ieri nella sede di via di Torre Argentina 76 non sono mancati accenti commossi quando Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Matteo Angioli, Rita Bernardini, Maurizio Turco, il regista Ambrogio Crespi autore del documentario “Spes contra spem - liberi dentro” dedicato agli ergastolani ostativi, anche loro condannati a una “morte per pena” come diceva proprio Pannella, oltre che al sottosegretario alla presidenza del consiglio Sandro Gozi, a quello alla Giustizia Gennaro Migliore e a quello agli esteri Benedetto della Vedova, hanno insieme rievocato le battaglie del super Marco nazionale ormai “compresente” tra tutti noi.
Il rapporto 2015 che include anche il primo semestre del 2016 sulle esecuzioni a livello mondiale è, comunque, il solito bollettino di una guerra che vede ancora in testa nel tragico primato paesi come l’Iran, la Cina e l’Arabia saudita. Nei dettagli nel 2015, i Paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 25, rispetto ai 22 del 2014, mentre erano stati 26 nel 2008. Nel 2015, le esecuzioni sono state almeno 4.040, a fronte delle 3.576 del 2014, mentre erano state 5.735 nel 2008.
Il significativo aumento delle esecuzioni nel 2015 rispetto al 2014 si spiega anche con l’incremento registrato in Iran (970), Pakistan (326) e Arabia Saudita (159). Nei primi sei mesi del 2016, circa 1.685 esecuzioni sono state effettuate in 17 Paesi e territori. Nel 2015, non si sono registrate esecuzioni in 3 Paesi – Bielorussia, Guinea Equatoriale e Palestina (Striscia di Gaza) – che le avevano invece effettuate nel 2014. Nei primi sei mesi del 2016, non si sono registrate esecuzioni in 7 Paesi – Ciad, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, India, Indonesia e Oman – che le avevano al contrario eseguite nel 2015.
Viceversa, 5 Paesi, che non avevano eseguito condanne a morte nel 2014, le hanno riprese nel 2015: Indonesia (14), Ciad (10), Bangladesh (4), Oman (2) e India (1). Altri 3 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2015, le hanno invece eseguite nel 2016: Botswana (1), Bielorussia (1) e Palestina (Striscia di Gaza) (3). Adesso poi ci sta pure la Turchia che promette di rimettere in Costituzione la pena di morte e si temono esecuzioni di massa dei nemici di Erdogan, magari senza darne risalto mediatico.
Infine, anche se non è possibile confermarlo, è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute anche in Siria nel 2015 e in Corea del Nord, Siria, Sudan, Vietnam e Yemen nei primi sei mesi del 2016. Una vera e propria mattanza che fa pensare che il 2016 sarà di per sé un annus horribilis nel settore in questione.
Va detto che l’Asia rimane il continente che si contraddistingue per le condanne a morte, in Cina vi sono state almeno 2.400 esecuzioni (più o meno come nel 2014), il dato complessivo del 2015 nel continente asiatico racconta di 3.946 esecuzioni (il 97,6%), un po’ di più rispetto al 2014 quando erano state 3.471. Nei primi sei mesi del 2016, nel continente asiatico sono state effettuate almeno 1.642 esecuzioni (il 98%) in 12 Paesi.
In Africa, nel 2015, la pena di morte è stata praticata in 5 Paesi (1 in più rispetto al 2014) e sono state registrate almeno 66 esecuzioni (1 in meno rispetto al 2014): Somalia (almeno 25), Egitto (almeno 22), Ciad (10), Sudan del Sud (almeno 5) e Sudan (almeno 4). Nei primi sei mesi del 2016, sono state effettuate almeno 16 esecuzioni in 3 Paesi del continente: Somalia (almeno 13), Sudan del Sud (almeno 2) e Botswana (1). Nel 2015, non si sono registrate esecuzioni in Guinea Equatoriale che le aveva effettuate nel 2014 e, nei primi sei mei del 2016, in Ciad ed Egitto che le avevano praticate nel 2015, mentre è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute in Sudan nel 2016 anche se non è possibile confermarlo.
In Europa solo la Bielorussia mantiene la pena di morte e nel 2016 c’è stata un’esecuzione.
Infine le Americhe: il nodo rimangono gli Stati Uniti, 28 esecuzioni nel 2015 e almeno 14 quest’anno. Gli Usa rimangono l’unica democrazia a livello mondiale a dovere convivere con questa vergogna che è la pena di morte. Una menzione negativa se la becca pure l’Italia che con il 41 bis e gli ergastoli ostativi rimane l’unico paese europeo dove pure se non esiste la pena di morte si può parlare senza tema di essere smentiti della “morte per pena”.
di Dimitri Buffa