Ancora i fantasmi del presunto liberismo

mercoledì 3 agosto 2016


Ho letto su queste pagine un surreale commento, a firma di Cristofaro Sola, titolato “Marina Berlusconi: una voce nella notte”, in cui sul banco degli imputati viene messo per l’ennesima volta un presunto liberismo il quale, non solo avrebbe rovinato le più genuine vocazioni politiche della destra italiota, ma sarebbe la causa principale di tutti i mali del Bel paese.

In estrema sintesi, un’analisi favolistica abbastanza simile a quella che Vendola & Company vanno narrando da molti lustri ad un popolo affetto da confusione endemica. Tanto è vero che l’articolo in questione si conclude esortando la destra italiana a superare il presunto paradigma del supposto liberismo senza freni per approdare in un imprecisato territorio dominato “dall’etica, dalla responsabilità sociale dell’impresa, dal legame col territorio e con l’ambiente circostante, dai componenti meta-monetari nella costruzione del profitto...”, ecc. ecc..

Ora, anche in questo scritto si nota la tendenza a confondere la speculazione finanziaria, sulla quale esistono altre forme di assurdi pregiudizi, con il predetto liberismo sfrenato. E sebbene ciò costituisca una semplificazione che non ci porta da nessuna parte nell’analisi dei fenomeni concreti, sul piano politico-propagandistico l’avversione per il cosiddetto capitalismo selvaggio e per le immaginarie democrazie plutocratiche ha sempre goduto di una certa notorietà, per così dire. In realtà, come sostiene da decenni la sempre più sparuta minoranza liberale di questo disgraziato Paese, le cause del dissesto economico e finanziario dell’Italia vanno ricercate nella direzione opposta, almeno se i numeri e i nessi causali che si nascondono dietro di essi hanno ancora un senso logico. In sostanza, se consideriamo ragionevole la relazione inversa tra il controllo delle risorse operato dalla mano pubblica e la libertà economica dei singoli, di tutto possiamo parlare fuorché di liberismo.

In grandi linee, al di là delle chiacchiere da bar, la cornice entro cui è relegata la libera iniziativa in Italia è particolarmente angusta, con un apparato politico- burocratico che spende circa il 55 per cento del reddito nazionale, a cui corrisponde un pari importo di tasse immediate e tasse future, e con un livello di regolamentazione di stampo kafkiano. Altro che liberismo selvaggio d’Egitto! In Italia, al fine di mantenere in piedi un colossale sistema di redistribuzione della ricchezza - su cui si basa la ricerca del consenso da parte della sfera politica - la libertà economica e quella finanziaria vengono quotidianamente massacrate da un prelievo tributario feroce, al quale si aggiunge una pressione burocratica che con il liberismo ha ben poco a che vedere. In Italia, per dirla con una battuta, la madre di tutti problemi si chiama statalismo sfrenato, ma ancora in molti si ostinano a confonderlo con il liberismo.

Ricordo che un signore di successo nel 1994 aveva chiamato a raccolta gli italiani laboriosi promettendo di liberarli dall’oppressione statalista. Sono passati oltre vent’anni, ma la sua intuizione continua ad essere di stringente attualità.


di Claudio Romiti