venerdì 15 luglio 2016
Nella notte tra martedì e mercoledì a Tivoli in prossimità del civico 170 di via Empolitana è stato rinvenuto il cadavere di Mauro Colantoni, cittadino italiano di 51 anni. Un testimone ha consentito ai carabinieri di procedere rapidamente all’arresto di un giovane extracomunitario di nazionalità albanese, di cui sono state rese note solo le iniziali: G.P.. L’accusa è di omicidio volontario. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il giovane avrebbe aggredito l’anziano a calci e pugni. Il Colantoni, ripetutamente colpito, sarebbe stramazzato al suolo battendo violentemente la testa contro un marciapiede. Dalle indagini svolte risulterebbe che a scatenare la lite sia stato il reiterato rifiuto dell’albanese di pagare l’affitto della stanza che il Colantoni gli avrebbe locato tempo addietro. L’aggressione è stata preceduta da un’accesa discussione durante la quale sono volati pesanti insulti.
La vicenda, di là dal suo drammatico epilogo, presenta alcune analogie con ciò che è accaduto a Fermo con la morte del nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi. Come a Fermo, anche nella dinamica omicidiaria di Tivoli si parla di un pugno sferrato al volto della vittima. Come a Fermo, il violento impatto del cranio contro l’asfalto potrebbe essere la causa del decesso dell’aggredito. Come a Fermo, la colluttazione è scoppiata tra due uomini di diversa etnia: italiano l’uno, extracomunitario l’altro. Come a Fermo sia la vittima che il carnefice vivevano condizioni di particolare disagio economico ed esistenziale. Giacché nella nostra visione del mondo la differente pigmentazione cutanea non rileva, l’unica differenza percepibile tra le storie di Fermo e Tivoli è che ad avere la peggio, questa volta, sia stato l’italiano. Per completare il quadro accusatorio si resta in attesa di sapere se, nel diverbio che ha preceduto lo scontro fisico, l’albanese abbia proferito locuzioni del tipo: “italiano di m…a” o espressioni di significato equipollente. Nel qual caso sarebbe lecito attendersi dagli inquirenti della procura tiburtina la contestazione all’indagato dell’aggravante razzista. Tanto perché non sembrino da meno ai colleghi fermani.
Ora però, visto che a pagare i conti delle istituzioni rappresentative della sovranità popolare, compreso il lauto stipendio della presidente della Camera, ci pensano gli italiani, è lecito attendersi dalla signora Boldrini che abbia il buon gusto di presenziare al funerale del poveraccio di Tivoli in gramaglie e con la stessa espressione patita che le abbiamo visto stampata sul volto nel giorno del dramma di Fermo. Giacché a certi funerali ci si va, l’assenza dell’alta carica della Repubblica da Tivoli sarebbe la prova definitiva che, per la lobby multiculturalista, gli esseri umani non sono tutti uguali. O, come direbbe George Orwell, ce ne sono alcuni più uguali degli altri. Una defezione per la Boldrini sarebbe come girare con un cartello appeso al collo sul quale è scritto: extracomunitario è bello, italiano è…niente. Giacché non è nostra intenzione sparare sentenze senza sapere, ci siamo presi la briga di aggiornare l’agenda della presidente della Camera di modo che non dimentichi di schiodare le terga dalle lussuose stanze di Montecitorio e di recarsi a Tivoli a fare il suo dovere davanti alla bara di un italiano ucciso. Lo faccia per impedirci di pensar male di lei. Ma se proprio non dovesse sentirsela di andare a omaggiare un morto perché italiano, la prenda come un’occasione per una scampagnata furi porta visto che Tivoli è bella e, di questi tempi, è anche più fresca di Roma.
di Cristofaro Sola