mercoledì 6 luglio 2016
Molte volte si paragonano le elezioni politiche o amministrative al famoso detto “si è persa una battaglia, ma non la guerra”. Ecco, in democrazia non esistono guerre perché non ci sono nemici ma solo battaglie. Nel gioco democratico, come in qualunque gioco, è possibile perdere o vincere la partita ma c’è sempre un’altra partita per rifarsi o comunque riavere la possibilità di vincere.
Il problema di chi perde non è solo dovuto alla bravura altrui, ma anche alle proprie responsabilità, e individuare ciò è basilare per poter vincere la prossima volta. La Lista Marchini che nel 2013 è stata una grande novità in una città difficile come Roma con il suo 10 per cento al candidato sindaco e circa il 9 per cento alla lista omonima che lo sosteneva, nel 2016 ha riconfermato circa il 10 per cento al candidato sindaco e il 4 per cento alla lista e un altro 4 per cento a Forza Italia che era apparentata. Da un fallimento cosi grave è possibile risalire la china?
Nel 2013 l’elemento di novità è stato oltre al dato mediatico del leader, la sua proposta politica di superamento della dicotomia tra destra e sinistra (specialmente in elezioni amministrative); inoltre questo mantra era la proposta politica di una persona mai stata in politica e proveniente da un ambiente cosiddetto di sinistra. In questi tre anni di opposizione, per quanto mediaticamente poco esposti, il movimento ha fatto una grande battaglia di trasparenza e una opposizione dura ma costruttiva. Il duo Marchini-Onorato è stato un binomio vincente nel far esistere la lista, nonostante le defezioni degli eletti che avveniva nei Municipi.
Se questi sono stati i punti di forza, gli aspetti deludenti sono stati l’incapacità o la volontà, in questi tre anni, di non creare una struttura organizzativa e politica che esprimesse un gruppo dirigente, nonostante i coordinamenti municipali e i gruppi di studio; inoltre se da un lato c’è stata una forte iniziativa di denuncia politica, è mancata la politica. Cioè quella capacità di creare una squadra politica con le sue diverse sensibilità, mobilitata per uno scopo comune e armata di proposte politiche da inviare nelle varie sfaccettature della società civile e mediatica per fare proselitismo forte del mantra né destra né sinistra. Molti adducono la cocente sconfitta elettorale di queste amministrative all’alleanza con Silvio Berlusconi, ed in parte è vero.
La politica chiede scelte coerenti e chiare affinché l’elettore ne possa valutare la congruità delle scelte operate. A fine 2013 Berlusconi propose a Marchini di essere il candidato sindaco di tutto il centrodestra ed egli rispose: no, grazie. Nei fatti la proposta aveva una sua dignità avendo in questi anni il centrodestra fatto una blanda opposizione a Ignazio Marino e al Partito Democratico, per cui la proposta di alleanza per quanto configgeva con il superamento di destra-sinistra aveva un senso. Sempre alla fine del 2013, anche se non in modo ufficiale, entravano nel Movimento un pezzo dell’Ncd e l’area politica che nel Lazio fa riferimento a Fitto. Comunque si voglia valutarli rappresentano un pezzo del centrodestra, non esente delle responsabilità politiche del malgoverno cittadino, e non bilanciato da entrate di esponenti del centrosinistra. Tutto ciò avveniva con la motivazione non politica, ma solo come acquisizione di consenso e di voti che questi soggetti portavano al movimento incuranti di ciò che avrebbe comportato come messaggio agli elettori. Poi a due giorni della presentazione delle liste arrivò la convergenza, adesso gradita, di Berlusconi con un centrodestra spaccato.
Questi sono i fatti, le motivazioni e spiegazioni possono essere molteplici. Una cosa è certa, che noi siamo stati visti dagli elettori di sinistra come una forza di destra e per quelli di destra poco di destra, un capolavoro di insensibilità politica. Inoltre sia per pezzi dell’Ncd che per i fittiani siamo stati come un utero in affitto che ha mortificato il lavoro di anni dei volontari. È vero che in politica contano i voti, ma le preferenze sono cosa diversa dai voti. Le new entry hanno contribuito nel portare all’incirca 4mila voti di preferenza (si votavano le coppie) e fatti scappare quasi 50mila di opinione.
I voti si conquistano con le proposte politiche, mentre le preferenze con le relazioni. Sarebbe sbagliato pensare che il male di tutto sia stata l’alleanza con Berlusconi, perché gli errori sono stati commessi prima (se fosse stato il leader di tutto il centrodestra in tempi non sospetti forse saremmo andati al ballottaggio al posto del Pd visti i voti), sia nella mancata coerenza di dire “no grazie” a Berlusconi per poi farci l’alleanza, che nelle new entry. La politica ha una dura legge: gli spazi vuoti non rimangono mai vuoti, qualcuno degnamente o non degnamente li coprirà e cosi l’elettorato vista la carenza di offerta politica ha deciso di votare il Movimento 5 Stelle. Che fare? Anche qui ci viene in aiuto la politica, niente è perduto, il movimento ha avuto una dura battuta d’arresto ma come dicevo all’inizio abbiamo perso una battaglia ma possiamo rimetterci in gioco. Certamente vanno fatte delle scelte chiare: è ancora valido lo slogan “liberi dai partiti”? Oppure scegliamo: il civismo deve rigenerare i partiti? Ha senso un movimento solo locale, oppure ci proiettiamo in una prospettiva nazionale? Oppure si può ipotizzare di trasformare la lista in una corrente all’interno di un partito nazionale? Qualunque scelta si predilige non ci si può esimere da una valutazione politica di quanto sta accadendo nel Paese ed a livello internazionale, altrimenti la scelta sarebbe solo opportunistica. Qualcuno ipotizza che ormai Alfio Marchini non sia più spendibile. Io non lo credo. Un esempio per tutti: Clemente Mastella ancora sindaco. E se poi esistono responsabilità, e ci sono, in modo diverso lo sono per tutti.
Credo che in questi mesi le forze politiche presenti nel Paese subiranno profonde trasformazioni sia a destra che a sinistra, il che comporterà scenari nuovi e nuove praterie elettorali. Saperle cogliere è possibile solo se si riesce ad entrare in sintonia con i profondi bisogni dei cittadini senza facili demagogie, ma con l’umiltà e la determinazione della passione politica nel dare voce e corpo a questi bisogni mediante soluzioni nelle quali i cittadini possono riconoscersi.
di Roberto Giuliano