“Ti racconto la politica”

sabato 25 giugno 2016


Il disobbediente (Capitolo 43) - Il “disobbediente” anticipato nel capitolo n.42, rappresenta un cittadino convinto d’impegnarsi in politica secondo correttezza, dunque, diverso dagli “yes man” citati nei capitoli n.26 e n.27 e diverso anche dagli odierni chiassosi e sedicenti rivoluzionari. In democrazia, i numeri e le idee sono determinanti, ma occorre distinguere. Il potere politico italiano è ipocrita e disonesto, però si chiama “democrazia” e abusa di tale importante concetto, permettendosi le prepotenze che vuole.

Nelle sua rivalsa politica, il popolo deve invece ossequiare la regola democratica e se non lo fa, ovvero se commette violenza, oltraggio, vilipendio alle istituzioni o quant’altro, allora sarà fermato anche brutalmente, arrestato e bloccato con modi perfino criminali che, alla fine, risulteranno legittimi. Nella sintesi, il popolo è vittima di un apparato pubblico che si fa le leggi che vuole e se è il caso, le infrange come vuole; al popolo è invece dato di opporsi alla repressione che subisce, solo se rispetta la regola democratica.

Le regole sono elucubrate da un apparato istituzionale che sa “ignorare” perfino la presenza di delitti mostruosi ma che, un esempio tra tanti, è implacabile con chi non versa i denari oggetto della sua estorsione. Un apparato istituzionale falsamente democratico, non ha paura di un popolo disordinato e chiassoso, ma di un popolo che sa organizzarsi, pertanto, usa la sottile arte del plagio per creare quell’esercito di sprovveduti a cui mettere in bocca le mille frasi fatte che danno l’illusione di possedere una forte personalità, ma che di fatto omologano la più massificata libertà d’opinione. Un popolo governato da politici infami, non è privo “peccati”; fa spesso dell’inutile “rumore” senza sapersi organizzare in modo indipendente dall’emotività e ha talvolta vizi e colpe gravi come quelle dei suoi politici.

Non si può pensare che non esistano strategie in grado di dare efficacia alla rivalsa politica popolare, ma occorre capire che non possono nascere ed esistere all’insegna dell’incompetenza, dell’emotività e della presuntuosa improvvisazione. Un contenuto gruppo di cittadini organizzati, per esempio, può eleggere dei dirigenti “svincolati”, presentando una lista contrapposta in un partito; nella nostra storia recente, c’è chi ha dimostrato, purtroppo nel male, che un manipolo di uomini può cambiare i connotati di un congresso, eleggere il “capo” del partito e nominare perfino il presidente del consiglio. Ancora per esempio, si organizza una squadra popolare fuori della mischia e si “affianca” un soggetto politico esistente, per rinforzarlo e tenerlo sulla retta via.

Infine, previo numeri maggiori, si può dare genesi a un nuovo partito che però sappia come non farsi “espropriare”, per rimanere proprietà dei cittadini. I meccanismi descritti in questo corso, spiegano che i percorsi popolari utili esistono, ma fuori dell’enfasi e del chiasso. Caro popolo, tronca ogni fissazione e trova l’umiltà di capire come si fa squadra, diversamente, sarai abusato come un pedofilo fa con i bambini.


di Giannantonio Spotorno