mercoledì 27 aprile 2016
Un documento di eccezionale importanza, raro per il ruolo che con esso assumono esponenti della cultura giuridica del nostro Paese, è la dichiarazione di circa cinquanta costituzionalisti, tra i quali diversi ex presidenti della Corte costituzionale e moltissimi titolari di cattedre in varie università italiane (con una netta prevalenza di quelle “settentrionali”), documento di aspra censura della riforma costituzionale Boschi-Renzi (che ne esce addirittura rottamata); riforma che dovrà ora essere sottoposta a referendum popolare. Un documento simile avrebbe dovuto contenere un esplicito, forte appello a votare “No”. Ma pretendere ciò sarebbe troppo negli ambienti accademici italiani. C’è da dire che i firmatari si sono preoccupati di premettere di non essere “tra coloro che indicano questa riforma come uno stravolgimento totale dei princìpi della nostra Costituzione”.
Si potrebbe aggiungere che è giusto dire così, se si vuole parlare solo come giuristi. Uno stravolgimento totale dei princìpi non c’è, perché i “princìpi” non ci sono o sono deboli e confusi. Ma quella premessa, oltre che rappresentare una genuina espressione della prudenza dei nostri cattedratici, lascia intendere che “ci sarebbe da dire di molto peggio”. E lo stravolgimento è, del resto, effetto non delle nuove norma (che, però, lo renderebbero possibile) ma dello spirito e dei caratteri politici dei “riformatori”, oltre che dei loro intendimenti, anche altrimenti resi evidenti, di utilizzazione delle nuove norme.
Il documento, che, dato il numero rilevante dei firmatari, è da ritenere che esprima il “minimo comune atteggiamento critico” e che, quindi, lasci intravedere assai più pesanti censure, è articolato in cinque punti. Le più aspre ed acute censure riguardano la riforma del Senato, incerta nelle linee essenziali, monca, per mancanza della cosiddetta legge elettorale, che in realtà è molto di più della legge elettorale, perché rimane, senza di essa, oscuro il rapporto tra enti locali e senatori (dovremmo dire semi-senatori). Si direbbe che più che ad una Assemblea parlamentare moderna, il “nuovo” Senato sembra assomigliare alle Diete medioevali dei feudatari in rappresentanza dei loro feudi.
Assai bene è descritto nel documento “dei 50” l’orribile confusione dei procedimenti legislativi di tre o quattro tipi diversi. Ed acutamente e fermamente vi si sostiene che proprio il carattere regionale e le autonomie verrebbero travolti e sopraffatti con la riforma. Molte, quasi tutte, le affermazioni contenute in questo documento le avevamo fatte su queste pagine, in numerosi articoli già durante la discussione (si fa per dire) parlamentare. Naturalmente senza l’autorità e gli strumenti logico-scientifici e mediatici di questi professori. Ai quali potremmo, invece, fare il rimprovero di aver taciuto troppo a lungo. Ma, meglio tardi che mai. Ed oggi non è ancora troppo tardi.
Torneremo a parlare di questo documento e delle numerose questioni in esso trattate. Intanto dobbiamo sottolineare il fatto che proprio perché pubblicato all’indomani del deposito delle firme necessarie per il referendum, esso è essenzialmente, anche se non formalmente, un appello a votare “No”. Se i suoi firmatari o parte di essi vorranno essere ancora più espliciti, facendo discendere dai loro convincimenti scientifici un’espressione di coerente volontà politica, non farebbero male a dirlo o scriverlo apertamente senza troppo attendere. A essi, intanto, un grazie da parte di noi ignoranti.
di Mauro Mellini