E ora: referendum costituzionale

mercoledì 20 aprile 2016


È chiusa la pagina confusa e voluta legger male del referendum sulle trivelle. L’ultimo di una serie di referendum che non hanno raggiunto il quorum. Di tutti quelli tenuti dal 1974 ad oggi, quello decisamente più baggiano, relativo ad un provvedimento “anticongiunturale”, per far fronte alla grande manovra degli sceicchi del petrolio che, facendo precipitare il prezzo dell’oro nero sul mercato mondiale, mira a far fuori l’industria estrattiva petrolifera di tutti gli altri Paesi. Una manovra che degli esangui pozzi italiani, installati quando il prezzo del barile era alle stelle, sostanzialmente se ne fotte. Ma di che cosa realmente si trattasse con quel provvedimento di “proroga ad esaurimento” delle concessioni, quasi nessuno ne sapeva qualcosa. E non certo di più ne sapevano i consiglieri regionali (a proposito: di quali partiti? Nessuno ne ha voluto parlare) che a suo tempo hanno votato la richiesta di referendum delle nove Regioni.

Una battaglia intorno al nulla! Perché il nulla era anche il tentativo di usare il voto contro Matteo Renzi, che aveva raccomandato a quelli che comunque non sarebbero andati a votare di astenersi dal voto, per evitare così di raggiungere un quorum che mai e poi mai sarebbe stato comunque raggiunto. Come tutte le baggianate, e quelle complicate in particolare, questo referendum danni ne ha fatti e ne fa. Come ne fecero quelli (di cui comunque porto anch’io qualche responsabilità) richiesti “a grappolo”, secondo il criterio “chiedili e dimenticatene”, del fu Partito Radicale. E come, ed ancor di più, quelli indetti dopo il 1988. È con viva preoccupazione che ho inteso e ho letto qualcuno affermare: “Io a votare contro Renzi ci vado subito, non aspetto ottobre”. Mi dispiace dover dire a queste persone, a questi amici, che non hanno capito un tubo e che forse non capiscono proprio un tubo.

Il referendum costituzionale è un’altra cosa. Anzitutto è “confermativo” e non “abrogativo”. Chi è contro la devastazione etrusco-vandalica della Costituzione in funzione di un potere praticamente illimitato del Partito della Nazione dovrà votare “no”. Renzi dirà di votare “sì”, ma potrà giovarsi, di fatto, di un’eventuale scarsa affluenza alle urne, anche se non è necessario raggiungere un quorum né del 50 per cento né d’altra misura.

Detto questo, vorrei aggiungere subito che, dopo le baggianate dell’invito a votare sì o no sulle trivelle da parte del centrodestra (la sinistra era per il voto perché era “bello”!) sarebbe ora il caso che si cominci subito la raccolta delle firme di un quinto dei deputati e di un quinto dei senatori, necessario per il referendum confermativo prima che cominci e si sviluppi, magari, qualche campagna acquisti verdastra. Ho letto il messaggio di un amico che afferma che della riforma “i vantaggi superano gli svantaggi”. Un motore per metà fatto a pezzi a mazzate e per metà migliorato è un motore che non funziona ed è da buttare. Una riforma costituzionale, se non è organica ed armonica, può contenere norme “bellissime” ma è una riforma di cacca.

Il Senato della riforma Boschi-Renzi, ad esempio, è un “coso” ridicolo di incerta natura e ruolo, incapace di funzionare (ve li immaginate i sindaci che, ogni tanto, vanno a fare i “senatori”?). Una serie di altri istituti sono sconquassati dall’azzoppamento del Senato. Potrei continuare. Lo faremo con insistenza. Ma ora è importante capire e proclamare che questo referendum non è un’altra bufala. È quello in cui si gioca la democrazia del nostro Paese. Non c’è tempo da perdere!


di Mauro Mellini