venerdì 15 aprile 2016
“De mortuis nihil nisi bonum” è antica, saggia e pietosa norma. Non s’ha da dire se non il bene. Direi, però, che è altra cosa che la morte imponga di cambiare opinione, di dire il falso e di far diventare “buoni” i giudizi più duri espressi in passato.
Gianroberto Casaleggio con Beppe Grillo, fondatori del Movimento Cinque Stelle, potranno essere assolti in vita ed in morte dall’accusa di aver fatto diventare cretini tanti italiani, dovendosi la loro responsabilità limitarsi all’aver fatto emergere, affiorare e assumere peso e, ahimè, potere, all’antipolitica ottusa ed a scempiaggini antiche e nuove. Cosa che si può anche sostenere esser meglio si manifesti e, magari si organizzi, piuttosto che rimanere nascosta “sotto il tappeto” per essere poi comunque utilizzata da chi in politica meglio utilizza la retorica e vellica i peggiori sentimenti. Di Casaleggio e di Grillo, uomini investiti di alte responsabilità istituzionali hanno detto di tutto e di più seppure, magari, senza esagerare.
Morto Casaleggio è stato compianto ipocritamente come un grande pensatore, un innovatore della vita politica del Paese. Bell’esempio di pietà e di perdono, si dirà. Nessuno mi convincerà che ci sono e ci debbono essere dei momenti in cui la verità debba andarsi a nascondere per lasciare libero campo ai sentimenti. Qui poi non si tratta di sentimenti, ma di ipocrisia. Molta gente altolocata ha pensato che, morto Casaleggio, fosse giunto il momento di spartirsene l’eredità, anticipando, virtualmente, il trapasso di Beppe Grillo. Eredità del movimento, eredità di voti. È l’accorrere ipocrito di parenti, divenuti improvvisamente affettuosi ed indulgenti, al capezzale dell’auspicato morituro.
Ancora una volta possiamo riderci sopra, leggendo un bel sonetto di G.G. Belli:
Er Testamento der Pasqualino
Con tutto il rispetto dovuto, naturalmente, al Presidente della Repubblica, ai segretari dei partiti, ecc. ecc..
di Mauro Mellini