sabato 26 marzo 2016
Avremmo voluto non partecipare a questo ennesimo dibattito sull’esistenza o meno del cosiddetto Islam moderato, ma la rabbia per un verso e la tristezza e il cordoglio profondo per l’altro, ci spingono nuovamente a dire la nostra. Tralasciando ogni ulteriore e ridicola considerazione filosofica sul termine “moderato”, che oggi viene utilizzato così come il prezzemolo in cucina, il problema è enorme. Che esista una stragrande parte di Islam più integrato e distante dalle indegne follie del terrorismo integralista è fuori di dubbio, come lo è la volontà di tanti musulmani di segnare il distinguo.
Detto ciò, il problema non cambia, perché anche da parte di questo pur vasto segmento di condanna, la voce che si alza è sempre troppo flebile, generica e mai determinata come servirebbe. Se, infatti, ci fosse nei cosiddetti moderati islamici, la forza e il convincimento di porre in atto una vera diga di totale isolamento e denuncia, di contrapposizione e contrasto, di ricerca e di lotta senza quartiere verso il segmento degenere, la vittoria del bene sul male sarebbe certa. Sarebbe certa per l’immensità dello schieramento, per il prosciugamento definitivo di ogni pur minimo brodo di coltura, per l’eliminazione di tutti gli spazi di azione e protezione. Non solo, ma se si aprisse davvero un fronte siffatto, i dialoghi, i processi d’integrazione e collaborazione e lo stesso confronto positivo sulle idee e sui principi condivisi, avrebbe un esito positivo, costruttivo e per certi versi scontato. Purtroppo però non è così e questa mancanza, questa latenza, questa vaghezza nel porsi con nettezza dalla parte del bene comune contro il male, continua a far pendere la bilancia dalla parte sbagliata.
Come se non bastasse, fino ad oggi l’Occidente ha commesso tutti ma proprio tutti gli errori che mai avrebbe dovuto commettere, dimostrando i limiti e i malefici che nella storia, l’ipocrisia, l’opportunismo, l’avidità e la debolezza hanno portato con sé. Qui non si tratta se stare dalla parte di Oriana Fallaci e propendere dunque per il cosiddetto scontro di civiltà, ma si tratta di capire da quale parte vogliamo davvero essere e come, per difenderci, siamo pronti ad aprire un confronto ultimativo (non uno scontro) con l’Islam moderato.
L’Occidente, infatti, ha piuttosto pensato agli affari, alle convenienze, a giocare su tutti i tavoli, a fare le guerre più sbagliate e disastrose, anziché portare avanti la forza delle idee migliori, per una convivenza fondata sul pacifico rispetto e sulla condivisione del bene comune sulla base dei diritti e delle libertà faticosamente conquistate. Per questo i nostri errori, sommati all’inaccettabile vaghezza dell’Islam moderato, hanno portato alle peggiori degenerazioni, che ci costringono al pianto e alla paura così come alla rabbia e all’incoscienza. Servirebbe un enorme sforzo di onestà intellettuale comune per evitare dubbi e ombre e per formare un fronte d’isolamento e disprezzo, di condanna e di lotta durissima al terrorismo fondamentalista.
Tutto il resto è chiacchiera, accademia e presunzione di superiorità come quella mostrata da tanti professori, filosofi e intellettuali che vanno spocchiosamente in televisione a fare lezioni che non servono, ad “alunni” che non esistono. Insomma, vincere è possibile, ma solo a certe condizioni, altrimenti la guerra continuerà e sarà ancora più difficile combatterla, specialmente per un Occidente sempre più debole, diviso, impaurito e inutilmente parolaio e incapace.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca