sabato 26 marzo 2016
“Quale politica di convivenza stiamo facendo nei confronti dei 40 milioni di musulmani che vivono in Europa? È evidente che nell’attuale situazione le persone di cui stiamo parlando vivono come comunità separate dall’Europa e restano legate ai Paesi di origine”.
Così si è espresso l’ex Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, allineandosi, anche lui, nella schiera dei tanti che pensano che tra le principali cause dello jihād europeo ci siano le nostre, colpevoli, mancate politiche d’integrazione nei confronti delle comunità musulmane. Qualche tempo fa un simpatico Imam, ospite di una delle trasmissioni di approfondimento (si fa per dire) che vanno per la maggiore, ha spiegato a chiare lettere qual è il concetto di integrazione cui il mondo musulmano aspira. L’idea sarebbe quella di assicurare la pacifica convivenza della comunità musulmana dentro la comunità nazionale del popolo italiano. Nessuno dei presenti ha replicato a questa affermazione, dando la sensazione di condividerla. Ma, se si guarda bene, la presa di posizione non è minimamente accettabile, perché la prospettata idea di “integrazione” immagina semplicemente una specie di regime di pacifica convivenza tra comunità, dove la comunità politica dello Stato italiano sarebbe solo una delle comunità esistenti, privata talvolta della propria capacità di dettare regole per tutti. Quell’Imam, coerentemente con la propria cultura di riferimento, vorrebbe un’Italia dove sono garantite non soltanto le libertà religiose individuali, ma anche e soprattutto l’autonomia delle diverse comunità religiose musulmane. Su questi presupposti, i musulmani che vivono in Italia si troverebbero ad essere governati da due sovrapposte comunità, quella nazionale e quella islamica (famiglia, clan, setta), immersi in due ordini di regole e valori dove il legame religioso, con le sue prescrizioni, finirebbe per essere talvolta prevalente rispetto al legame statale.
Questa falsa idea d’integrazione non è accettabile perché, auspicando forme di riconoscimento collettive nell’ambito della comunità nazionale, rivendica la propria diversità e afferma la propria distinzione rispetto allo Stato. Per noi integrazione significa accettazione di regole di convivenza e di non discriminazione nei confronti di tutti, senza differenze, niente di più, nell’ambito della condivisione dei princìpi della Costituzione, dove sono fissati i valori dell’intera comunità, dentro i quali c’è posto anche per i musulmani. Le democrazie laiche dell’Occidente riconoscono la libertà religiosa; tuttavia, se una religione detta anche regole giuridiche per i suoi fedeli, queste non possono prevalere sullo Stato di diritto. È bene non dimenticarlo mai. L’Islam non è solo religione, ma molto di più, perché è religione, politica, diritto. Soprattutto, la religione non va intesa semplicemente come lo stato della coscienza individuale perché, accanto alle convinzioni di fede, ricomprende tanti aspetti della vita umana (famiglia, filiazione, proprietà, sanità, bioetica) e deve portare non soltanto a guadagnare il regno dei cieli ma anche il successo nella Terra.
Ovviamente molto diversa è la condizione dei musulmani immigrati nell’Occidente. Per loro l’Islam è ormai prevalentemente religione personale: una serie di riti e di comportamenti dettati da regole etiche separate dal diritto, dalla politica e dallo Stato. Tuttavia, anche la condizione dei musulmani immigrati resta imbevuta dei riflessi antropologici propri dell’Islam. Qui l’individuo ha piena dignità solo se si riconosce nella comunità e la Comunità dei musulmani condiziona ogni sua scelta, ogni principio, ogni istituzione, ogni contrasto. Ai propugnatori delle colpe dell’Occidente e a chi mal interpreta il ruolo dell’integrazione è utile ricordare che il fine storico dell’Islam non è tanto il singolo credente, la singola individualità degli uomini e delle donne che compongono la comunità, quanto la comunità musulmana nel suo complesso: la Umma. Sarebbe un imperdonabile errore cadere nel tranello di confondere il necessario fine dell’integrazione delle persone con l’integrazione di una cosa diversa: la Comunità dei musulmani in quanto tale.
di Guido Guidi