mercoledì 2 marzo 2016
Con il voto del Senato sulle unioni civili chi porta a casa il miglior risultato è ancora una volta Matteo Renzi, il solo Premier di sinistra che è stato in grado di far approvare la legge. La sinistra dem, pur incassando il risultato, lamenta la contaminazione “verdiniana”. I grillini sigillano, con l’uscita dall’Aula, la propria inconsistenza parlamentare. Forza Italia, in mezzo al guado della propria crisi politica e culturale, ritrova l’unità solo nel voto di sfiducia. Alfano, che pur s’intesta lo stralcio delle adozioni, non va oltre il giubilo per l’abolizione del dovere della fedeltà omosessuale.
Oltre alla sinistra-sinistra, sono insoddisfatti anche i movimenti arcobaleno, una fortissima lobbie, si dice, che continua a lamentare la “menomazione” dei propri diritti fondamentali, preparandosi a nuove battaglie, in vista, si fa per dire, della legge sulle adozioni. Al di là del giubilo e delle depressioni, le riflessioni vere continuano a latitare, in un contesto che, invece, meriterebbe molto di più, se è vero quel che dicono gli antropologi e i sociologi, per i quali, c’è una vera e propria rivoluzione in atto, che riguarda il cambiamento del modello tradizionale di genitorialità.
È vero questo, soprattutto dopo che la Corte Costituzionale ha reso possibile, di sua iniziativa, a partire dal 2014, la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, consentendo la formazione di rapporti genitoriali plurimi. Del resto chi può negare che, con le pratiche di Pma eterologa, di fatto, un bambino ha sempre o due padri e una madre oppure due madri e un padre? All’Ospedale Pertini di Roma, è addirittura capitato che, per errore, gli embrioni di due coppie siano stati scambiati e impiantati nell’utero sbagliato, finendo per causare l’esistenza di due madri e due padri. Quid juris in questo caso?
Il problema è talmente complicato che il Comitato nazionale di Bioetica, incapace di indicare una tavola condivisa di principi di carattere bioetico, non ha saputo fare altro che consigliare i quattro genitori di cercare un “confronto dialogico tra le parti”. Siamo a questo punto. L’utilizzo di gameti maschili e femminili esterni alla coppia, duplica di fatto paternità e maternità. Nel caso delle unioni omosessuali maschili, poi, il desiderio genitoriale impone il ricorso alla surrogazione della madre. È evidente che la diffusione di questa pratica sta cambiando radicalmente il modello tradizionale di genitorialità.
Dentro una rivoluzione di queste dimensioni, i movimenti arcobaleno rivendicano e rivendicano i propri diritti, come se il cambiamento del modello di genitorialità sia un fatto che riguarda solo le coppie omosessuali e non i figli e l’intera comunità. Al fine di sostenere le proprie ragioni, supportano le scelte parlamentari invocando presunti obblighi giuridici derivanti dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, dimenticando però che il vincolo europeo, ammesso che esista, non è mai così impositivo come si vorrebbe far credere. La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, ad esempio, si limita a vietare qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso o le tendenze sessuali ma, da qui, arrivare ad affermare che le coppie omosessuali hanno il “diritto” di far nascere dei figli, acquisiti per maternità surrogata o per adozione, il salto è grande.
Attenzione a combattere la discriminazione creando altre discriminazioni. I movimenti, per essere credibili, dovrebbero esporre validi argomenti sul fatto che la scelta omosessuale di far nascere un bambino non sia, a sua volta, causa di ulteriori discriminazioni, queste sì, proprio nei confronti dei loro stessi figli, in relazione ai bambini nati in una famiglia tradizionale. È evidente che la battaglia per contrastare la discriminazione dei padri non può tradursi nella discriminazione dei figli. In mezzo a questo fioccare di rivendicazioni di diritti, c’è anche chi si fa promotore, con buon folclore sensazionalistico, della richiesta di nuove forme di unioni coniugali, questa volta di tipo poligamico, sull’esempio dei principi famigliari propri di altre tradizioni. Chissà se il principio europeo della “libertà della vita privata e famigliare” consente anche questo?
di Guido Guidi