sabato 27 febbraio 2016
Sembra proprio che Matteo Salvini, a forza di criticare e attaccare Matteo Renzi, abbia finito con il subirne il fascino fino al punto di vivere una vera Sindrome di Stoccolma. Il segretario della Lega, infatti, sempre di più alza la voce con gli alleati, sempre di più mostra i muscoli con chi non conviene, sempre di più tende a imporre la sua linea come l’unica possibile nel centrodestra. Sono queste le stesse caratteristiche di Renzi che, alla fine, lo hanno reso piuttosto fastidioso e, specialmente in Europa, poco simpatico.
Sia chiaro, le peculiarità renziane sono certamente più preoccupanti di quelle di Salvini, non fosse altro che per la piccola differenza dei ruoli ricoperti dai due, ciononostante portano alla stessa conclusione: non sono statisti e continuando così non saranno mai dei veri leader. Infatti il primo, Renzi, ci è stato imposto senza nessuna legittimazione popolare e il secondo, Salvini, dopo aver encomiabilmente raggiunto il quattordici, quindici per cento di consensi, non riesce a crescere oltre.
Va da sé che, soprattutto nel centrodestra, se Salvini avesse avuto il talento del leader, che per sua natura deve saper mediare e interpretare tanti pensieri e tante sfumature per metterli insieme in una sintesi di coalizione, a questo punto avrebbe avuto ben più del venti per cento di consensi (Berlusconi docet). Al contrario, la Lega si è fermata dove si è fermata, proprio perché una leadership nazionale e una montagna di voti non si possono ottenere solo con le ruspe, con i fucili, con i blocchi navali e quant’altro. Per arrivare a consensi straordinari del tipo di quelli che il miglior Cavaliere riuscì a mettere insieme ci vuole ben altro, perché anche nel centrodestra, piaccia o no, convivono anime diverse, magari liberali, magari libere e magari moderate. Per questo il quindici per cento non può bastare a far alzare troppo la voce, non può bastare a far essere il capo di tutti e soprattutto non può bastare per vincere con certezza.
Caro Salvini, servono gli alleati e le alleanze, continuando a sfasciarle, come sta succedendo su Roma, non si va da nessuna parte. Come se non bastasse, se è vero che immigrazione, sicurezza, Europa sono problemi molto gravi, è altrettanto vero che non sono i soli per l’Italia e per gli italiani. È vero che Salvini a ragione si batte contro la Legge Fornero, i privilegi e i vitalizi, ma resta nel vago su molti altri temi come la flat tax, la riforma del welfare e sul rapporto paritetico fra Nord e Sud del Paese.
Insomma, serve altro e serve di ascoltare i pensieri diversi e le diverse sensibilità per affrontare e risolvere i problemi, altrimenti si rischia solamente di fare il Renzi due. Su Roma poi non ne parliamo, Salvini sta facendo un errore, che potrebbe portare alla consegna della Capitale al centrosinistra o ai Cinque Stelle. In buona sostanza Salvini avrà pure aumentato i consensi della Lega, ma non ne ha cambiato quell’aspetto sfascione, oracolare e ancora un po’ rozzamente nordista e muscolare. Lo diciamo con dispiacere perché Salvini ci è simpatico e gli riconosciamo qualità che nella Lega non sono frequenti, a partire dalla capacità di autocritica. Per questo gli rivolgiamo con affetto l’ennesimo appello, si fermi sulla Capitale e converga su Guido Bertolaso, riconsideri il suo quindici per cento come un buon numero, ma non lo confonda con il cinquantuno; si ricordi che da Firenze in giù l’Italia esiste ancora, aspetti e studi di più per sentirsi leader assoluto. Solo così si distinguerà da Renzi e dai suoi difetti, solo così potrà magari prendere per mano il centrodestra per portarlo finalmente alla vittoria. Auguri e buon lavoro.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca