giovedì 25 febbraio 2016
Non sono davvero in vena (e nella possibilità) di tentare di mettermi a fare pronostici e sulla tenuta del Governo Renzi e sulle fortune del suo “Partito della Nazione”. È certo però (e non è un pronostico) che in questo momento sta attraversando la fase più difficile e pericolosa (per lui) da quando ha conquistato il Partito Democratico ed il Governo.
La sua fortuna, legata essenzialmente al fatto di non avere forze politiche capaci di contrastarlo seriamente ed eventualmente sostituirlo, subisce oggi una sorta di pena del contrappasso. Andato al potere per un non del tutto millantato mandato dei padroni dell’Europa, sembra oggi rischiare di grosso proprio perché da quella parte c’è aria di insofferenza per la sua supponenza e per il suo tentativo di cavalcare, con appena un velo di mimetismo affidato ad una retorica di basso profilo, un certo euroscetticismo che sta montando nel nostro Paese.
Non so davvero se abbiano fondamento le voci relative ad un vero e proprio programma di “benservito” che intenderebbero dargli “quelli dell’Europa”. Se Matteo Renzi non ha assunto di fronte all’opinione pubblica italiana il ruolo del “commissario europeo” al Governo del nostro Paese, ciò è dovuto al fatto che prima di lui altri avevano manifestamente, e volentieri, fatto quel mestiere.
Ed a fronte di un Mario Monti, Renzi poteva sembrare l’uomo che restituiva all’Italia, e ad un residuato partito italiano, la possibilità di governarsi da sola. Certo, tutto è relativo. Ma è stato lo stesso Renzi che, ritenendo che ciò lo assolvesse dalle responsabilità per le meno piacevoli scelte, ha voluto calcare la mano sulle “riforme” richieste, se non imposte, dall’Europa, magari cercando di fare un po’ di confusione tra riforme economiche e riforme costituzionali.
Oggi Renzi, per una serie di circostanze non del tutto imprevedibili, si trova a governare un Paese che recalcitra di fronte a certe imposizioni derivanti dagli obblighi comunitari. Le posizioni euroscettiche guadagnano consensi. E Renzi ritiene di dover giuocare, al solito, la carta di un po’ di chiacchiere euroscettiche per tenersi sempre a galla. Ma la situazione in Europa è tale che anche le chiacchiere urtano certe suscettibilità e attraversano la strada a certi interessi. Mentre le valutazioni personali del personaggio cadono rapidamente, è proprio l’alleggiamento di quelli che giuocano a tirare troppo la corda che preoccupa tedeschi e francesi, in una fase in cui anche una compattezza formale è necessaria per una qualsiasi politica europea. E, mentre sulla scena politica italiana l’assenza di veri antagonisti e di possibili alternative sono la carta su cui Renzi sembra ancora poter puntare, in Europa non si hanno scrupoli di tal fatta.
Siano vere o no certe designazioni che dall’Europa sarebbero state fatte per un cambiamento di Governo, una cosa è certa: Renzi non ha più l’appoggio dell’Europa ed è assai screditato. Renzi non è persona da rendersene conto. Questo è il suo punto più debole. Ma stiamo attenti anche noi: non è da revoche di fiducia che vengano d’Oltralpe che dobbiamo aspettarci che questa pagina si possa chiudere in modo conveniente per noi. Non è solo questione di dignità. Se c’è, come c’è, un pericolo per le libere istituzioni del nostro Paese rappresentate dal renzismo e dal Partito della Nazione, pensare che altri ci toglieranno le castagne dal fuoco sarebbe il più grave degli errori.
di Mauro Mellini