martedì 23 febbraio 2016
Delle vicende, complessivamente indicate con il nome giornalistico di “Affittopoli”, vengono di norma considerarti gli aspetti criminali e amministrativi, che colpiscono di più l’opinione pubblica, per parte sua sempre affamata di novità negative.
La pessima gestione comunale delle abitazioni e degli altri immobili appartenenti al municipio di Roma è al momento sotto l’occhio dell’attualità mediatica. Ma il fenomeno risulterebbe identico in tutti gli altri grandi e piccoli Comuni dotati di simili proprietà, se lo si verificasse. La disamministrazione delle proprietà comunali, come di quelle statali in generale, mette in luce e conferma l’elementare verità che i beni pubblici sono per lo più beni di nessuno, appunto perché non hanno un padrone. Destra, Sinistra, Centro, hanno fatto tutti la stessa cosa. Hanno lasciato correre, approfittato, sgovernato. Quanto è ridicolo il loro rinfacciarsi, reciprocamente, sprechi e ruberie, malversazioni e sfruttamenti. Buoi che dicono cornuti agli asini.
Sulla negligenza e sul disinteresse delle autorità politiche hanno, ovviamente, prosperato gli abusi e le corruzioni delle strutture amministrative, e viceversa. I reati son più facili da commettere, anzi vengono incentivati, nel clima di generale rilassatezza in cui in alto e in basso chiudono un occhio proprio quelli che dovrebbero tenerli spalancati tutt’e due. I topi ballano non solo quando il gatto non c’è, ma pure quando sta lì ma sonnecchia pigro. Accertare e punire i reati spetta alla magistratura. Però, se i politici e gli amministratori girano la faccia dall’altra parte, i magistrati restano all’oscuro. Mentre è incerto se e quali responsabili penali saranno individuati (facile prevedere che tutto finirà in nulla o quasi, per lo stato della giustizia e delle leggi), al contrario è strasicuro che i responsabili politici sono i sindaci e gli assessori e la stragrande maggioranza dei consiglieri comunali succedutisi al Campidoglio, i quali per negligenza, inefficienza, colpevolezza hanno lasciato che le cose continuassero nell’andazzo.
Ogni tanto, qualcuno è insorto, ma senza impedire definitivamente il fenomeno, che pertanto si è perpetuato negli anni. Così gli alloggi comunali venivano affittati a privati con pigioni men che vili e gli alloggi privati venivano presi in affitto dal Comune con canoni d’oro, per fronteggiare la cosiddetta emergenza abitativa. Esista oppure no nelle asserite dimensioni drammatiche, e non lo credo, tale emergenza è creata dal potere pubblico, che vi ha interesse per manovrare soldi e voti. Tanto è vero che, dopo decenni di politica della casa, l’emergenza perdura, ingrassando i soliti noti che campano sugli appalti, sulle assegnazioni, sulle costruzioni. Il Comune ci perde su entrambi i fronti: danno emergente e lucro cessante.
La lezione di “Affittopoli” che nessuno vuole imparare è che la politica della casa, basata sull’intervento pubblico, è diseconomica non solo e non tanto per l’insipienza, l’inerzia, la disonestà delle amministrazioni, ma soprattutto perché il meccanismo in sé è inidoneo a risolvere il problema. Basti pensare che con i milioni di euro spesi annualmente e precariamente per dare un tetto ai bisognosi veri o presunti, il Comune avrebbe potuto regalare le case, risparmiandoci pure e sottraendo il tesoro immobiliare dalle grinfie di maneggioni politici, funzionari scorretti, sindacalisti arruffa popolo.
di Pietro Di Muccio de Quattro