giovedì 4 febbraio 2016
Come ai bei tempi degli anni Ottanta quando la sinistra comunista inveiva contro gli stilisti “padroni della città”, anche oggi la sinistra del Pd ha messo nel suo mirino non più la mitica Prada - che in realtà sarebbe, politicamente, alla sinistra della sinistra - ma il più terra-terra Beppe Sala. Il quale, tuttavia, così di sinistra non parrebbe essere, non fosse altro perché braccio destro (a lungo) di Letizia Moratti, dalla quale fu poi indicato alla guida di quell’Expo del cui successo son piene le fosse, come si dice. Successo, purtroppo, non complimentato, anzi, da una parte del Pd in piena offensiva anti Sala nelle primarie. Il quale Sala, se da un lato si compiace giustamente dei risultati lusinghieri, per l’Italia e per sé, della Expo, dall’altro non smette di allontanare i fantasmi morattian-berlusconiani esorcizzandoli con una sua spergiurata e antica collocazione a sinistra: “Non ho votato per la Moratti, cinque anni fa, ma per Pisapia”.
Ammissione cui nessuna commissione verifica poteri potrebbe avanzare qualsivoglia osservazione, per la segretezza del voto. Ma fidiamoci pure di Sala. Il fatto è che una parte consistente del Pd meneghino, per intenderci quello del centro storico, della borghesia cosiddetta snob o radical chic che vota e fa votare per la Balzani, ha preso di mira proprio l’Expo destituendola dal podio e dissacrandola, al di là della messe di applausi proveniente, ancora oggi, dal mondo e, ovviamente, da Renzi i cui endorsement per Sala sono frequenti. Non entriamo nel merito della questione, anche perché i risultati di quella rassegna mondiale -voluta fortemente dall’allora sindaco Moratti - sono pubblici come pubbliche, visibilissime in tv, erano le mostruose file di attesa davanti ai padiglioni più ghiotti.
Il punto dolente e grave, per gli oppositori, sono i silenzi di Sala a proposito del numero dei visitatori, se non addirittura per l’Expo in sé per sé, ritenuta sostanzialmente sterile nei suoi derivati di oggi. E che Sala abbia tempo ancora qualche mese per dare una risposta esaustiva all’incalzante domanda su: quanti sono stati davvero i biglietti venduti? Poco o punto conta, tant’è vero che, a fianco della ripetuta interrogazione si cela la sua ragion d’essere, ovverosia la genesi e la realizzazione della stessa Expo, coi più vari sospetti, col sottofondo di sospirate, e fino ad ora frustrate, novità dal Palazzo di Giustizia, ritenuto se non amico, abbastanza benevolo nei confronti dell’artefice dell’esposizione mondiale. Una vera e propria ossessione questa dietrologia, che ha condotto le primarie del Pd in un a sorta di binario univoco, in una direzione obbligata, in un ambito peraltro circoscritto. In realtà, se il senso unico del binario è, apparentemente, l’Expo, il substrato è ben diverso, la molla che fa scattare le frecce avvelenate è squisitamente politica: no al candidato voluto da Renzi, no a Sala “figlio” politico della Moratti e della stagione berlusconiana. Sì invece alla Balzani in nome della discontinuità, del no ad un passato che non passa.
Siamo sempre lì, al nuovo che avanza e al vecchio che resiste. Slogan bonne a tout faire che, tuttavia, può funzionare nel contesto politico e politicante delle primarie di partito, ma non calato nella ben diversa realtà cittadina dalla quale Sala si attende i consensi, non più a parole ma nell’urna di maggio. Peraltro, questa sorta di guerra civile a bassa intensità dentro le primarie ambrosiane avviene nel silenzio assordante di un centrodestra che per qualcuno è fuori di testa, per altri è a fine corsa, per altri ancora sta per lanciare il suo grido di guerra, ovviamente da Arcore. Intanto, l’unico grido è stato fino ad ora quello di Salvini con la Le Pen, anche se qualche osservatore attento ha notato che più che di grido si tratta di grida manzoniana a base di slogan elettoralistici, di no a tutto e tutti per qualche voto in più. Qualcuno aggiunge che Salvini darebbe per scontata la perdita di Milano tanto più che suo obiettivo dichiarato è la leadership del governo nazionale da giocarsi con Renzi e Grillo. Al massimo, ha detto, potrei fare l’assessore comunale alla Sicurezza. È anche per questo che Sala guarda con attenzione all’elettorato moderato, quello dei vessilli di Che Guevara, icona romantica utile, forse, a vendere mercanzia al supermarket. Il che fa ulteriormente accapponare la pelle alla gauche di Milano, città nella quale non va dimenticato che la Curia e la Chiesa fecero la differenza, allora, fra Moratti e Pisapia. Achtung! Achtung! Beppe è come Letizia: il diavolo veste Sala!
di Paolo Pillitteri