sabato 23 gennaio 2016
Il mercato delle tessere (capitolo 21)
La politica dei partiti è un gigantesco “mercato delle vacche” ma, nel gergo, tale definizione si riferisce a trattative che avvengono per lo più intorno al tavolo del preordino dei congressi, del quale abbiamo accennato qualche volta. È bene dunque non confondere il mercato delle tessere, che è l’oggetto del presente capitolo, col cosiddetto mercato delle vacche che sarà il titolo di un capitolo abbastanza prossimo.
L’istituto della tessera dà parvenza democratica alla messinscena dei congressi, ma è in realtà un oggetto di corruzione che stabilisce il rapporto di forza tra le correnti o anime che esistono dentro ogni partito. Il popolo fa fatica a capirlo, ma i congressi danno genesi a infiniti poteri; dedicheremo più capitoli a svelarne i “veleni”, ma ricordiamo che essi hanno la potente funzione di “eleggere” i dirigenti di partito. Per esempio, il segretario nazionale del partito di maggiore minoranza è “eletto” dal congresso ma è anche colui che riceve il mandato di formazione del governo e che, salvo particolari “iatture”, diventa Presidente del Consiglio.
Questo semplice esempio spiega come da un congresso si diramino mille poteri. Non si confonda il gioco di potere dei congressi, con la favola della regola democratica; magari, si ridia un’occhiata allo “schema” disegnato e descritto nei primi due capitoli del presente corso. Nella provincia esempio di un milione di abitanti (capitolo n.14), abbiamo visto che un partito di ragguardevoli dimensioni, può contare mediamente 3.500 iscritti veri, più altrettanti finti, per un totale di 7.000. Il costo della tessera è stabilito da ogni partito e va da pochi Euro a qualche decina. Poniamo un partito che fissi l’iscrizione in 20 Euro annui; in questo caso, nella provincia esempio, avremo un tesseramento del valore di 140mila Euro (20 Euro per 7mila).
Nel capitolo n.5, abbiamo letto di elenchi telefonici e lapidi del cimitero; potremmo aggiungere la pulsantiera di qualche condominio e cose simili ma il senso di ciò che intendiamo, è chiaro. È ovvio che morti e “iscritti a loro insaputa” non paghino la tessera, tuttavia i correlati 70mila Euro, più o meno la metà del totale, entrano ugualmente nelle casse del partito.
L’altra metà è relativa alle tessere vere, ma ciò non vuol dire siano tutte pagate dai rispettivi titolari... la tessera omaggio facilita la mediazione. Chi s’iscrive e paga c'è, ma non è certo grande cosa. Dai parenti, agli amici, ai conoscenti ai quali chiedono il piccolo favore dell’iscrizione, di cui “terranno conto”, i signorotti del capitolo n.8 sono anche dei “vicepacchettari” che si recano ogni anno col loro carico di trenta o quaranta tessere a testa, dalla periferia verso i pacchettari provinciali veri. La soddisfazione economica delle poche decine di tessere dei vicepacchettari non è granché, ma un po’ d’attenzione da parte del potere politico periferico locale fa da incentivo... Viva l’Italia!
di Giannantonio Spotorno