martedì 19 gennaio 2016
“I gadget del duce vietati per legge? Venite ad arrestarmi”. Così titola “Il Giornale” un sapido articolo di Vittorio Feltri. Lo confesso: penso a uno scherzo, un inganno stile “Male”; escludo, essendo gennaio, il colpo di sole... Faccio una ricerca. Vado nel sito della Camera dei deputati, cerco l’attività svolta dal deputato Emanuele Fiano, indicato come il firmatario del progetto di legge. E invece, perbacco!...Niente burla, niente inganno; neppure colpo di sole: la proposta di legge c’è davvero. Non solo: risulta presentata il 2 ottobre 2015; dal 26 ottobre giace in sede referente, presso la Commissione Giustizia; di più: è sì un’iniziativa del deputato Fiano, ma è stata sottoscritta da una sessantina di suoi colleghi. Oltre sessanta parlamentari pensano bene di sottoscrivere una proposta di legge che prevede una reclusione da sei mesi a due anni per chiunque propagandi le immagini o i contenuti del Partito Nazionale Fascista; e non solo la sua ideologia, che per quanto aberrante è pur sempre un’opinione; ma anche “solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità”. La proposta di legge inoltre, prevede l’aumento di pena se il fatto si consuma attraverso strumenti telematici o informatici. La cosa mi pare possa essere commentata solo venendo meno al buon gusto e all’educazione. Non saranno il deputato Fiano e la sua sessantina di colleghi, a indurmi a tanto: che a nessuno voglio concedere il potere di farmi scadere nel cattivo gusto e nella maleducazione.
Per formazione, gusto, cultura, sono radicale: quel radicalismo che affonda le sue radici in don Romolo Murri e in Gaetano Salvemini; e poi Ernesto Rossi, Mario Pannunzio, Ignazio Silone, fino a Marco Pannella. Parlo di persone, cioè che sotto il fascismo hanno patito esilio e carcere. Parlo di persone che per consentire ad altri, non iscritti all’albo dei giornalisti professionisti, si sono prestate ad essere i direttori responsabili di pubblicazioni da cui erano stellarmente lontani, subendone processi e condanne; anche chi scrive è stato direttore responsabile di simili pubblicazioni, ricavandone denunce e querele; la più grave, e da cui mi sono salvato per un soffio, neppure a dirlo, per una querela di un magistrato: i suoi colleghi hanno ritenuto la vignetta (che tale era) talmente offensiva da meritare due anni e sei mesi di carcere, senza il beneficio della condizionale: primo e secondo grado. Salvo solo grazie a Santa Cassazione (forse, per fortuna, lì qualcuno si è messo a ridere, o a piangere). Non credo, insomma d’essere sospettabile di simpatie o di rimpianti dei tempi di quando “i treni arrivavano in orario”, tutt’altro. Tuttavia, che si intenda contrastare con il carcere l’imbecillità di chi acquista una bottiglia di vino con l’etichetta del Duce, o chi vuole dimostrare di che pasta è fatto collocando sulla sua scrivania un busto di Mussolini, beh!, mi par essere un’idiozia ancora più idiota degli imbecilli in questione. Magari ci si potrebbe preoccupare di rifornire di più, e meglio, le biblioteche scolastiche, e industriarsi per sollecitare gli studenti a qualche lettura in più, a qualche sms in meno, a discutere e ragionare sollecitati dai film e documentari che raccontano quello che è stato e perché. Il ministro della Istruzione Pubblica, in questo potrebbe far molto; e invece molto poco si fa.
Quello che mi sfugge, se cerco di entrare nella logica dei presentatori del progetto di legge (e faccio non poca fatica), è perché abbiano circoscritto la punibilità al solo gadget del Duce o di Hitler. Una rivendita di vini e liquori non distante da dove abito, esibisce con etichette Mussolini e Hitler; e immagino abbia acquirenti. Non andrei mai a cena con loro; ma vende anche altri “rossi”: dedicati a Stalin, Lenin, Fidel, Mao. Neppure quel vino vorrei bere mai. Voglio dire: se divieto ci deve essere, per un minimo di coerenza e credibilità, dovrebbe essere esteso anche a quei “rossi”, ed estesa la punizione. Perché no ai gadget di Mussolini e Hitler, e sì a quelli di Stalin, Lenin, Mao e Castro? Non si dica che le loro sono mani meno lorde di sangue innocente; o che sono stati meno dittatori. Nella celebre orwelliana fattoria, tutti i maiali sono uguali, ma alcuni più di altri. La sessantina di deputati “capeggiati” da Fiano mi dicono che questa regola vale anche per i dittatori.
di Valter Vecellio