venerdì 15 gennaio 2016
Dico la verità: a noi non è piaciuto e non piace lo sport delle torte in faccia giudiziarie fra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle esploso nel caso di Quarto, ma non solo. Ridurre lo scontro politico ad una battaglia di stralci di accuse di Pm e di intercettazioni è l’ultimo rifugio dei senza idee e, soprattutto, dei traditori della politica. Non vogliamo fare la classifica delle responsabilità, chi ha cominciato per primo, chi ha messo la prima pietra del muro giustizialista, chi ha tirato il sasso moralistico ecc.; anche per un minimo di decenza che vale a cominciare dal Pd che di questi giochi al massacro è un asso fin dai tempi berlingueriani del randello della questione morale agitato contro gli altri. E non dico niente dello stile della ditta Grillo & Casaleggio che ha infettato la Polis e i mass media superando di gran lunga l’impulso forcaiolo degli altri adottandolo come arma costante contro le altrui colpe, salvo poi abbandonarsi ai riti meschini di tutti quelli finiti incagliati nella macchina del fango quando li sfiora facendogli compiere un brusco atterraggio sulla terra dopo un lungo viaggio nello spazio della falsa purezza e della finta incontaminazione. Welcome home, extraterrestri!
Ma se lo sbattersi sul muso le reciproche magagne invocando dimissioni e arresti è uno sport purtroppo di difficile cancellazione dalla competizione politica odierna - rappresentata prevalentemente da una tivù onnivora e petulante - sarà tuttavia opportuna una riflessione su una modalità innovativa, una sorta di dolce stil novo innestato sul vecchio dalla suddetta ditta che, a quanto narrano giornali e giornaloni, va sotto il nome di black list o lista nera, o meglio, lista di proscrizione. In parole povere, una delle solite fatwa dei pentastellati (come una volta Guareschi diceva trinariciuti e Stalin socialfascisti) ha stilato un elenco ,sottoposto alla Rai, di politici avversari da non invitare perché sgraditi, non frequentabili, da non ospitare nei talk altrimenti loro non vi partecipano. Talk-show tramutati in pollai coi soliti scazzi insultanti in cui, peraltro, la gara a chi le spara più grosse non è sempre vinta dai grillini. Bella roba! Il punto vero riguarda il supposto veto inoltrato alla Rai che, peraltro, non può non invitare i pentastellati, e neppure Matteo Salvini, per una norma che obbliga degli spazi all’opposizione. Su questa norma, no problem, ci mancherebbe.
Il problema sta, semmai, nella lista nera, per ora supposta ma non improbabile, data la arroganza della purezza cara agli apritori di scatole di tonno. Lista in sé e per sé emblema di una concezione estranea alla cultura politica liberale e democratica ma che assume sinistro sapore intimidatorio nei confronti del Servizio pubblico televisivo, a parte il disprezzo nei confronti dei proscritti. Ai quali, tuttavia, viene offerta un’arma mediatica inaspettata e una consolante certezza: di essere migliori di loro. Se vera, la black list presentata alle televisioni, soprattutto alla Rai, merita una risposta da chi di dovere anche e soprattutto perché è diventata (ripetiamo, se vera) una oggettiva invasione di campo in scelte che non possono mai essere imposte, da maggioranze e opposizioni, da governi e da antipolitici, da Renzi e da Grillo, a scapito dell’autonomia e della ragione stessa di esistere della Rai, ma anche delle altre televisioni.
Perché ci soffermiamo, con un surplus di comunque ironica sorpresa su questa vicenda? Per i ricordi di una lontana storia accaduta ad Hollywood nel pieno della guerra fredda e che ha riguardato, appunto, una archetipa black list, la lista nera nella quale erano indicati gli autori “comunisti” presenti massicciamente, secondo l’Fbi e il Congresso Usa, nell’industria del cinema americano: registi come Elia Kazan, sceneggiatori come Dalton Trumbo finirono davanti alla Commissione d’inchiesta, alcuni fecero auto da fé, altri vennero condannati, altri si suicidarono, altri ancora persero il posto, salvo essere riabilitati e persino omaggiati da film che oggi li ricordano, come Dalton Trumbo (che scrisse “Spartacus” e tanti film di Humphrey Bogart, di Kubrick, di Huston, ecc.). Il dato più curioso della vicenda dei cosiddetti “Dieci di Hollywood” è la parabola di quel Parnell che presiedeva all’inizio la Commissione e che mostrò un feroce accanimento e un furore indagatorio con intemerate tuttora visibili nelle dirette televisive delle riunioni che lui aveva preteso. Peccato che qualche tempo dopo, Parnell incappasse in una storiaccia di corruzione e di tangenti. Venne arrestato e fu rinchiuso nello stesso carcere dove erano finiti alcuni degli sfortunati della black list che lui aveva incriminato e fatto condannare. Come dire: il giustizialista giustiziato. Chi di lista nera ferisce, con quel che segue.
di Paolo Pillitteri