Quali miglioramenti sulle misure cautelari

sabato 9 gennaio 2016


Non ci si stancherà mai di ripeterlo, in questa fase di sbornia forcaiola anche l’ultimo barlume di buon senso viene sacrificato all’emergenzialità di inutili inasprimenti delle pene e alla moltiplicazione delle tipologie dei reati e alle supposte esigenze securitarie mentre a tutti sembra sfuggire che la prevenzione e una drastica riduzione dei tempi e modalità operative certe e controllabili della macchina pubblica giudiziaria rappresenterebbe una risposta molto più efficace per garantire il buon funzionamento della giustizia. Il che significa anche garantire i diritti di indagati e imputati che, con eccessiva disinvoltura finiscono in custodia cautelare in carcere, piallati spessissimo dalla “necessità” di difendere le tesi dell’accusa e triturati dalla strumentalizzazione di un malinteso concetto di legalità e di sicurezza mentre le loro garanzie ad un equo processo vengono totalmente amputate.

Le cifre degli gli ultimi dati ufficiali sulla custodia cautelare carceraria forniti dallo stesso ministero di Giustizia, nonostante facciano registrare un lieve miglioramento, sembra proprio che nulla abbiano a che vedere con la “riforma” dello scorso aprile (Legge, 16/04/2015 n. 47). Ecco i dati del 31 dicembre 2010, quando i detenuti presenti erano 67.961, quelli in attesa di giudizio 28.692 ossia il 42,21% di cui in attesa di primo grado 14.112 ossia il 20,76 per cento. Di seguito i rispettivi dati negli anni successivi. 31-dic-11: 66.897 27.251 40,73% 13.625 20,36%. 31-dic-12: 65.501 25.296 39,11% 12.484 19,00&. 31-dic-13: 62.536 22.831 36,50% 11.108 17,76%. 31-dic-14: 53.623 18.475 34,45% 9.549 17,80%. 31-dic-15: 52.164 17.785 34,09% 8.523 16,33%.

Significa che della natura di extrema ratio di questa misura confermata dalla recente sentenza a riguardo della Corte costituzionale (n. 231 del 2001), la giustizia non tiene minimamente conto. Lo spiega Rita Bernardini dei Radicali Italiani: “L’apposita legge varata nell’aprile scorso non sembra aver influito più di tanto sul decremento delle percentuali riguardanti la custodia cautelare. Tra il 31/12/2014 e il 31/12/2015 si registrava la più bassa diminuzione degli ultimi 5 anni, -0,36 per cento. Negli anni precedenti avevamo infatti avuto scostamenti molto più significativi: -2,05% tra il 31/12/2013 e il 31/12/2014; -2,69% tra il 31/12/2012 e il 31/12/2013; -1,62% tra il 31/12/2011 e il 31/12/2012; -1,48 tra il 31/12/2010 e il 31/12/2011”.

La conclusione della Bernardini è che “più che la riforma” dello scorso anno, sembrano aver influito altre modifiche normative intervenute, a cominciare dalla sentenza di incostituzionalità della Fini-Giovanardi sulla droga o dal provvedimento sulle cosiddette “porte girevoli” che faceva entrare per pochi giorni in carcere migliaia di detenuti o, ancora, dalle nuove norme riguardanti il “piccolo spaccio” e dalla legge n. 117/2014 la quale prevede che se il giudice ritiene che la pena detentiva irrogata sarà contenuta in un massimo di tre anni, non si possa disporre la carcerazione o gli arresti domiciliari”.

Dovrebbero essere concetti di comune dominio eppure così non è. E il numero di chi è finito agli arresti cautelari ingiustamente ed in assenza delle condizioni per cui il codice di procedura penale li consente e prevede (pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove) è sempre più tristemente nutrito, andando a rinfoltire i casi per cui l’Italia subisce e seguiterà ad incassare condanne da parte della giurisdizione europea ed internazionale. Anche perché gli arresti cautelari, cui si accompagna sempre più regolarmente la documentazione mediatica della cattura, tanto più se si intravedono i requisiti per giudicare un procedimento “particolarmente delicato” rappresentano un intervento giudiziario saldato all’ingordigia punitiva diffusa su cui pressione mediatica prospera e che essa stessa si occupa di assecondare e soddisfare. Tanto più se si tratta di arresti eccellenti.

La priorità è quella di tranquillizzare l’opinione pubblica di fronte allo spettro della pericolosità sociale di chi spessissimo è incensurato, la sostanza è che l’esecuzione delle misure cautelari non viene mai applicata con il necessario garantismo. Perché, come già abbondantemente spiegato dall’ex magistrato Piero Toni nel suo libro “Io no posso tacere”, le persone vengono messe in carcere preventivamente per verificare l’ipotesi accusatoria. E il grave allarme sociale insito nei reati che effettivamente esigono gli arresti cautelari in carcere diventa arbitrariamente pretesto per calpestare con disinvoltura la dignità delle persone.

Come spiega sempre Toni, mentre l’articolo 272 del codice di procedura penale prevede per l’applicazione delle misure cautelari “gravi indizi” concretamente “si può disgregare la vita di un imputato adulto e incensurato con semplici indizi attenuati. Basta un giudizio di qualificata probabilità in ordine alla responsabilità”. E la popolarità del Pm e del sistema giudiziario agli occhi dei cittadini è salva. Le garanzie di libertà e dignità molto meno.


di Barbara Alessandrini