La verità raccontata di quel Capodanno

venerdì 8 gennaio 2016


Una notte di Capodanno che non dimenticherò. Questo sarà certamente il titolo di una pagina del diario di qualsiasi donna tedesca che abbia trascorso il Capodanno in una piazza festosa a Colonia o a Dusseldorf o ad Amburgo.

Altrettanto certamente il tema di fondo del branco all’assalto delle donne libere di Germania è, e sarà, la costante delle analisi dei media, fra cui, non ultima quella di Pigi Battista che con la consueta lucidità elabora uno spaccato in cui ritardi culturali, psicanalisi e istinto di sopraffazione dell’altro sesso giocano un ruolo di fondo intrecciato col fanatismo religioso musulmano (ma non solo) che colpisce l’anello umano più indifeso e, al tempo stesso, più bramato dalla furia bestiale del branco. Al di là di alcune domande tecniche che l’orribile evento pone, fra le quali l’assenza della polizia, il ritardo delle denuncie e un preoccupante silenziatore apposto per giorni ai media locali, resta tuttavia l’interrogativo più drammatico e, al tempo stesso, più preoccupante non soltanto perché vi grava sopra il sospetto di un network finalizzato a queste molestie di massa, ma soprattutto perché è l’evento stesso nella sua schematicità, temporalità e localizzazione riferita allo stato delle cose dell’emigrazione e dei rifugiati che suggerisce una considerazione non meno inquietante. Nel senso che le infami moleste sessuali sono avvenute proprio in quella Germania considerata “über alles” anche e soprattutto per la liberalità con cui la Premier ha voluto affrontare le problematiche dei milioni di fuggitivi mediorientali in cerca della terra promessa europea, la Germania, la Svezia, la Danimarca, ecc.

Una Germania peraltro considerata un esempio storico di accoglienza e di riutilizzo virtuoso occupazionale ed economico di milioni di mussulmani, in primis i turchi e ora migliaia di rifugiati siriani, mentre incombe la minaccia del terrorismo del Califfato. Sia che esista, come sostiene la polizia, una mente dietro la rete di addetti (Da chi? Da dove? Da quando?) a scatenare una sorta di guerra santa alle donne, sia che contestualmente, quel branco di “ubriachi” avesse l’intenzione di creare una pericolosa destabilizzazione dentro il Paese guida dell’Europa, il punto vero, drammatico, urgente ma soprattutto visibile, è il fallimento dell’integrazione. Questa è la prima risposta che viene spontanea di fronte all’attacco alla libertà della donna, alla sua emancipazione, alle sue conquiste nel contesto sociale e politico, costate secoli di lotte e non ancora compiutamente assicurate nella stessa Europa, figuriamoci in tutti o quasi i Paesi musulmani dov’è legittimato l’unico potere, quello del maschio, e del suo dominio incontrastato sulla donna.

L’Europa di oggi si guarda intorno sorpresa, attonita, sconvolta dalle angosce veicolate dalle bombe omicide dell’Isis a Parigi, dai potenziali falsi rifugiati, dall’afflusso imponente di immigrati e infine dal crimine antifemminile messo in atto nel Capodanno di Colonia. Con non minore paura spinge lo sguardo in un Medio Oriente sconquassato da guerre religiose e civili soffermandosi sugli oltre duemilioni di richiedenti asilo in sosta attualmente in Turchia, che si aggiungeranno ai milioni già giunti al Nord e al Sud dell’Europa, se non vi si provvederà “politicamente”, cioè con scelte tanto coraggiose quanto, se possibile corali. La sospensione di Schengen da parte di Svezia e di Danimarca hanno portato a sei i Paesi che hanno assunto una simile decisione, alla cui prima lettura viene da dire che questa UE è in agonia. È un addio a progetti e grandi speranze dei padri fondatori De Gasperi, Schumann e Adenauer? Forse. Anche perché l’Europa di oggi è infinitamente più grande della loro.

Troppo vasta, senza una politica unica e, soprattutto, come ricorda Francesco Alberoni nel suo ultimo bel libro sul tradimento degli Usa, l’Europa è orfana dell’America obamiana sempre più isolazionista benché abbia nel “Mediterraneo la più grande flotta navale del mondo che, tuttavia, non è mai intervenuta per salvare uno, uno solo degli emigranti finiti a Lampedusa o in fondo al mare”. E si guarda a Putin, che pure non è un campione della Carta dei diritti dell’uomo, e della donna. Ma il problema di fondo sta, dunque, nel messaggio drammatico del Capodanno di Colonia: l’integrazione non è riuscita, non funziona, la respingono non pochi mussulmani e neppure fanatici, in Germania come in Francia.  

Occorre partire da questa amarissima ma realistica constatazione per tentare di salvare il salvabile, e quindi la UE, fuori dai buonismi d’accatto e dalle velleità dei parolai, illusionisti un tanto al kilo che le sparano grosse accampando il diritto altrui alla propria identità e, allo stesso tempo, il delitto di islamofobia ogni qual volta si chiede, non solo dai Salvini nostrani, più controlli, più severità, più rispetto delle nostre tradizioni, della nostra storia. E dell’identità, la nostra. Altrimenti la paura crescerà. E finirà questa UE.


di Paolo Pillitteri