E adesso cosa vuol fare l’Europa?

martedì 5 gennaio 2016


L’Europa ha storicamente esportato i propri valori nel mondo concependo i criteri stessi dell’ordine internazionale. Ha inventato e creato non solo il modo di concepire un ordine politico, ma l’ordine politico in cui i poteri fossero in equilibrio tra loro. Ha progettato le strutture internazionali e le ha prescritte al resto del mondo. Ha avuto il monopolio della progettazione, dando essa stessa l’ordine globale. L’Europa ha raggiunto per sé un equilibrio di pace dopo lo scempio di due guerre mondiali, una speranzosa unificazione tedesca, una moneta comune e una struttura formale, non politica. Esiste oggi un’Europa unita come non si vedeva dai tempi del Sacro romano impero, incapace tuttavia, come allora, e per gran minor tempo, di mantenersi unita. In assenza di un’unione politica sostanziale, l’Unione europea ha difatti progressivamente ridotto la sovranità dei suoi Stati membri e le loro stesse funzioni di governo, quali il controllo della moneta e la possibilità di modularla, ed il controllo dei confini territoriali. La politica nell’Europa unita non è europea ma nazionale, svuotata peraltro delle sue prerogative. L’Europa unita è formalmente unita, ma non politica. Il risultato è quello che si vede, cioè un’Europa unita che non è uno Stato, non una confederazione, sostanzialmente retta su una burocrazia e le sue riunioni ministeriali che contrastano con la democrazia. L’Unione europea si è data principi comuni, obiettivi la guidano. C’è l’unione monetaria ma non quella fiscale, c’è la burocrazia ma non la democrazia. Ha valori e ideali universali senza avere i mezzi in grado di farli valere, ha identità cosmopolita in contrasto con le specifiche nazionalità, è dilaniata dai movimenti autonomistici come quelli della Catalogna, della Baviera, della Scozia, e un’integrità degli Stati messa in discussione o meglio “terremotata” ai propri stessi confini. Si ispira ad un modello sociale che non riesce a permettersi, dipendendo da un dinamismo dei mercati messo in crisi pure quello. L’Unione europea vorrebbe affermare politiche di apertura che non ha mai avuto in realtà il coraggio di affermare, mentre i suoi singoli Stati ne praticano ben altre di chiusura facendone così intravedere l’illegittimità del modello europeo. E’ legittima questa Unione europea, ci si chiede sempre più intensamente? Gli Stati europei hanno ceduto porzioni di sovranità e potere, ma i rappresentanti europei vengono da processi democratici nazionali e attuano politiche nazionali, dunque vi è spesso forte contrasto tra i vari Paesi d’Europa, specie sulle questioni economiche. Di fronte alla crisi del 2008 l’Europa ha difatti reagito emergenzialmente quanto intrusivamente per garantire la propria sopravvivenza, tra la contrarietà dei cittadini europei a ragione poco disposti a sacrificarsi per il “progetto” europeo. I rappresentanti navigano di volta in volta l’onda del malcontento e della contrarietà dei loro popoli e, in Europa, si trovano di fronte alla medesima scelta, o ignorare il mandato o adempierlo contro l’Europa. Adesso, stando così le cose, che cosa si fa? Quale ordine politico internazionale comune può volere e darsi questa Europa delle aspirazioni contrastanti e delle tendenze contraddittorie? Quali Paesi possono e vogliono dare vita ad un ordine politico che verrà, esserne gli elementi costitutivi? Quanta unità è possibile in Europa, quanta diversità ammissibile? O meglio, quanta diversità è possibile, quanta unità è ammessa in Europa? Come e quanto intende l’Europa stare oggi all’interno dell’ordine mondiale esso stesso emergente e che mette tutto in discussione? Vi sarà equilibrio o sopraffazione? Che ruolo intende avere, cosa vuole essere l’Europa? Nel mondo oggi, ci sono le strutture continentali dell’America, della Cina, forse dell’India, del Brasile. Che fa l’Europa? Che farà questa Europa integrata burocraticamente che ha aumentato ed aumenta in maniera esponenziale le competenze dei suoi vari organismi amministrativi burocratici europei? Chi persegue gli obiettivi che pur si è data? La storia insegna, e la storia europea dimostra, che un’unificazione non si costruisce con metodi di tipo burocratico, amministrativi. Ci vuole una leadership e la disponibilità a porre in essere, a creare, i fatti compiuti. Chi vuole farlo oggi in Europa? Per ora, c’è la Banca centrale europea che, sforando ed esondando dal proprio ruolo, sta procedendo, immaginando e dando, forzatamente, a nome di tutti, la rotta. Ma ricchezza e benessere si creano, si “votano”, non si distribuiscono dall’esterno. E poi per quanto potrà andare avanti la Bce senza legittimazione democratica? E, si metta il caso di riuscire, in qualche modo, a perseguire e conseguire l’unità, quale è il ruolo globale che intendere svolgere un’Europa politica unita? Quello di adesso? Assiepata a ridosso degli Stati Uniti che mette sanzioni antieconomiche per i propri stessi Paesi alla Russia e che dà indiscriminato ingresso e si tiene, come da ordini, profughi e migranti islamici dall’Asia e dall’Africa? L’Europa vuole promuovere cioè la partnership atlantica, o prendere posizioni via via più neutrali? Intende percorrere la direzione della stipula di accordo o patti più o meno taciti con una potenza extraeuropea o con gruppi di tali potenze? Vuole alleanze variabili o essere membro e fare parte di un blocco? Coesione atlantica o altro, cosa? Cosa intendiamo fare qui in Europa? Che cosa si vuole fare con l’Europa? Il tempo scorre, ed è necessario avere chiaro dove s’ intenda andare. Siamo noi cittadini europei a dovere plasmare la realtà, consapevoli dalle esperienze della storia, e di quella vivente, che vede, in corso, nel mondo, un processo di rivitalizzazione dell’islam in Afghanistan, Cecenia, Irak, Siria, Filippine, Somalia, Algeria, Sudan, Libia, nell’Africa di Boko Haram, intollerante di per sé verso ogni equilibrio tra Stati e sostanzialmente espansivo d’islam e di sharia, in conflitto e sopraffattore verso l’intero mondo esterno, come pure internamente a se stesso, all’islam, con le guerre tra sunniti e sciiti, che si combattono in Irak, in Siria e in Yemen, ove l’ Iran, gli sciiti dell’Irak e della Siria vanno contro i sunniti dell’Arabia Saudita e della Turchia scagliandosi in maniera reciproca gli uni contro gli altri, universalmente tutti contro tutti.

Spetta a noi europei decidere l’evoluzione politica dell’ Europa. Spetta a noi europei la costruzione di un nuovo ordine internazionale, senza rimanere affogati nei problemi interni. Non basterà nemmeno l’unione politica europea, in assenza della capacità di dotarsi degli strumenti necessari ad incidere sulle molteplici realtà geopolitiche. Politica, economia e difesa sono le coordinate intorno cui definire l’Europa unita ed il ruolo globale identificandone la propria costruzione interna con il proprio fine geopolitico. La ricerca da fare non è solo interna ma, fondamentalmente, esterna, di progettazione e costruzione dell’azione politica europea nel mondo, di ricerca dell’ ordine globale cui contribuire significativamente, plasmandolo. Con democrazia in politica, con prosperità e ricchezza in economia, con buon senso ed effettività nella difesa. Superando così il passato e definendo il nostro futuro.


di Francesca Romana Fantetti