venerdì 18 dicembre 2015
Giuseppe Giulietti è il nuovo presidente della Federazione nazionale della stampa italiana. Prende il posto di Santo Della Volpe dopo alcuni mesi di “vacatio” causati dalla morte del giornalista del Tg3 e da un percorso difficile di trattative e negoziati all’interno della maggioranza della Fnsi non sempre edificanti, tra divisioni e dissensi. La nomina del portavoce di Articolo 21 al vertice della federazione dei giornalisti italiani arriva quasi in contemporanea con il varo, da parte del Senato, della riforma della Rai da cui Giulietti proviene, con i serrati negoziati per il rinnovo del contratto e con una serie di vertenze aperte ( Ansa, Metro, Uffici stampa della Regione Sicilia e del Campidoglio).
Un ventaglio di problemi e questioni che si allargano allo stato, non buono, del pianeta editoria alle prese con ristrutturazioni, tagli, riordino delle agenzie di stampa, calo degli introiti della pubblicità a causa della crisi economica e crisi delle radio e tv locali dopo l’introduzione del digitale. Lo scenario che si presenta davanti a Giulietti e al segretario Raffaele Lorusso è pieno di sfide interne ed esterne a partire dalla situazione dell’Istituto Nazionale di Pevidenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi) e di quello sanitario (Casagit) non buona come evidenziano i bilanci e il caso giudiziario che ha coinvolto il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese. Beppe Giulietti è sempre stato un sindacalista tosto, determinato, protagonista di tante battaglie, spesso di parte, ma almeno ci ha messo sempre la faccia. Ha imparato molto a muoversi grazie alla sua esperienza di parlamentare del Pd e prima ancora di leader del sindacato dei giornalisti Rai.
Il vertice della Fnsi entra nella sua piena operatività ma il percorso che ha portato Giulietti al vertice è stato impervio, con fasi poco edificanti, scontri e contrapposizioni fuori le righe, mesi di divisioni e dissensi con il tentativo di mettere all’angolo coloro che legittimamente non si riconoscevano nel candidato alla presidenza scelto dopo una serie di audizioni personali del segretario Lorusso, a cui era stato demandato il compito di trovare un presidente che potesse unificare le varie anime della maggioranza. Il Consiglio nazionale ha votato alla fine Giulietti che aveva posto alcuni paletti “per mettersi a disposizione della categoria” con 78 si (6 più del quorum necessario alla prima votazione), 20 schede bianche, 5 dispersi (Tallia, Butturini, Negri) e una nulla.
Le sfide che si trovano ad affrontare i vertici della Fnsi sono di vasta ampiezza: il contratto dei giornalisti con la Fieg guidata da Maurizio Costa che è anche presidente della Rcs che deve varare un nuovo piano industriale, le ristrutturazioni aziendali (Ansa, Metro, Uffici stampa della Regione Sicilia e del Campidoglio). Fondamentale il confronto con il governo e il Parlamento sulla direttiva Lotti per l’editoria, sulla Rai e sulla riforma dell’Inpgi. Giulietti nel suo primo intervento ha lanciato uno slogan “Niente sconti al governo. No alle querele temerarie e al tiro al cronista”. Mentre il governo e il Parlamento accelerano sul via libera definitivo della riforma Rai, dopo la bocciatura del piano Gubitosi, Giulietti è perentorio: la riforma Rai è sbagliata. “Avevamo sperato - aggiunge - in una legge duale che separasse l’indirizzo dalla gestione dell’azienda. È venuto fuori un provvedimento ben lontano dal modello che il governo aveva indicato come strada da percorrere e che ora comporta invece il controllo del Cda e dell’Amministratore delegato”.
Le altre questioni sul tappeto sono la riforma della professione all’esame del Parlamento, il sistema pensionistico dopo le decisioni dell’Inpgi al vaglio dei Ministeri vigilanti, i problemi non risolti che mettono a rischio l’art. 21 della Costituzione e il contratto di lavoro, tenendo troppe persone fuori dalle necessarie tutele. Che sono poi le battaglie del gruppo di Fiesole, dell’Usigrai e dell’associazione Articolo 21 di cui lascia l’incarico di portavoce. E forse prendendo spunto dalle vicende delle banche ecco un’ultima osservazione “compito delle democrazie è difendere non solo il diritto ad informare ma anche il diritto dei cittadini ad essere informati”. Correttamente, naturalmente.
di Sergio Menicucci