Matteo Salvini volga lo sguardo alla Francia

venerdì 18 dicembre 2015


Il dibattito sulla persistenza della contrapposizione storica tra la destra e la sinistra italiana è stato, ed è ancora oggi, molto vivo. La mutazione genetica del MSI e la progettata conversione del partito di Renzi verso il Partito della nazione, confermano che la tendenza è ancora in atto, secondo le teorizzazioni di Duverger, contenute nella Rèpublique des citoyens, secondo cui le elezioni si vincono «al centro e non necessariamente attraverso i partiti di centro». Se le cose stanno come dice Duverger, vuol dire che puoi anche tenere ferme le tue appartenenze lungo gli assi ideologici del novecento ma, se vuoi vincere, devi aggiornare i tuoi programmi verso il «non ideologismo».

Le difficili prospettive dell’economia mondiale e delle relazioni internazionali stanno cambiando profondamento questa verità. Se ne è accorto Matteo Salvini che, pur senza munirsi dell’apparato ideologico del Front National di Marine Le Pen, insegue, come lui stesso afferma, un disegno italo-lepenista.

I diffusi stati d’animo di paura che pervadono i popoli europei gonfiano il bacino elettorale di Le Pen e Salvini. Tuttavia, se non si tiene conto delle grandi diversità che passano tra l’Italia e la Francia, l’inseguimento passivo delle tesi lepeniste rischia di far commettere grandi errori.

La questione più divaricante è l’uscita dall’euro e la cancellazione della sovranazionalità dell’Europa. Il Front, quando demolisce l’Europa sventola il tricolore, la sovranità e la bandiera della Nazione, propone lo “Stato forte” e la riduzione dei poteri delle autonomie locali (chiamate “feudalità”). Può fare lo stesso Salvini con la storia federalista della Lega?

L’Italia è un paese fondatore dell’Unione europea. Nel dopoguerra, accanto all’universalismo del partito comunista, ha conosciuto il comunitarismo della democrazia cristiana, ma non l’idea di Nazione, pressochè inesistente nel panorama dei partiti, relegata com’era nei riti fascisti del Movimento Sociale Italiano. A pensarci bene, in assenza di un’appartenenza identitaria di tipo nazionale, la democrazia cristiana si è identificata con la stessa idea di Europa. L’Italia di De Gasperi e dei governi che gli sono succeduti, sembra aver identificato se stessa più nell’appartenenza all’Europa che nel tricolore italiano. Ancora oggi l’Europa, buona o cattiva maestra che sia, continua a dettare le strade che, purtroppo, da soli, diamo la sensazione di non essere in grado di imboccare.

Se la Gran Bretagna rivendica di essere la patria dei diritti. La Francia l’idea storica della Grande Nazione. La Spagna la memoria dell’espansione del suo Regno oltre Oceano. L’Italia può solo sventolare il modesto vessillo dell’art. 9 della Costituzione, che proclama la «nazionalità» della cultura, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico della Nazione. (Guarda caso uno dei pochi passi dove si fa riferimento alla Nazione italiana). Marine Le Pen contrappone all’Europa il patriottismo, la laicità e lo Stato forte, contro gli imperialismi dominanti di natura economica, militare e finanziaria che governano il mondo. Può fare lo stesso Salvini?

La riaggregazione dell’area di centro destra è un fatto positivo. Le critiche all’attuale struttura dell’UE sono oggettive. L’uscita dall’euro e la ridiscussione unilaterale dei trattati europei è un’autogol. Italia e Francia si assomigliano molto nell’attuale contesto politico, soprattutto a causa del sistema «tripolare» che li accomuna. Marine Le Pen andrà al ballottaggio anche alle prossime elezioni presidenziali, che perderà contro i due avversari storici coalizzati: la destra e la sinistra «repubblicana».

Perché Salvini non guarda alla Francia anche per evitare l’emarginazione alla quale il suo partito e la coalizione che sta nascendo, saranno destinati, se non si attenuano le ostilità che la Lega manifesta nei confronti dell’euro e dell’Europa?


di Guido Guidi